Lavorare in psicoterapia con le emozioni per generare il cambiamento

Dott.ssa Luana Provenzano ~ Psicologo Clinico 
Pubblicazione – ANNO 5 N.43 FEBBRAIO 2022 – ISSN: 2612/4947

Le neuroscienze affettive: Panksepp e l’archeologia della mente. Teoria e ricerca hanno portato allo sviluppo di una serie di principi su base empirica necessari per il cambiamento emotivo.

Psicoterapia: Perché può esserti utile?

Ansia, depressione, stress, attacchi di panico, difficoltà relazionali, solitudine sono solo alcuni dei problemi che possiamo incontrare lungo la nostra vita e che provocano sofferenza e malessere psicologico e, talvolta, fisico.

Si stima che:

  • circa il 30% della popolazione soffre a causa di un disturbo psicologico maggiore diagnosticato.
  • circa il 50% soffrirà di un disturbo nel corso della vita e, tra questi quasi l’80% soffrirà di più disturbi nel corso della vita.

La psicoterapia è un percorso di crescita personale e di consapevolezza che ci aiuta a comprendere come funziona la nostra mente e ci aiuta a “usarla” insieme alle nostre emozioni per costruire la vita che vogliamo. La rivoluzione scientifica portata avanti dalle neuroscienze ha a lungo ignorato le emozioni, come se esse non fossero parte della mente e del cervello. Nei suoi studi pluridecennali, Jaak Panksepp si è proposto di sopperire a tale mancanza, indagando scientificamente le emozioni nei tre aspetti coinvolti: mentale, cerebrale e comportamentale. Molti di questi risultati sono ancora oggi ignorati più per motivi culturali che per ragioni scientifiche, pur riscontrando negli ultimi anni un sempre maggiore interesse. In queste pagine viene presentata la teoria di Panksepp così come esposta nei testi che raccolgono gran parte dei suoi risultati: Affective neuroscience (1998) e Archeologia della mente (2012)

Le emozioni e i sentimenti affettivi sono generati da circuiti neurali profondi, ed evolutivamente più antichi, che condividiamo con tutti i mammiferi e con molti altri organismi. Ciò è dimostrato dalla scoperta delle strutture omologhe che danno origine a tali emozioni. Lo studio delle emozioni di base avviene con una nuova disciplina, le neuroscienze affettive, che integrano lo studio del cervello, del comportamento e della mente, in un rapporto triangolare, attraverso l’integrazione delle discipline quali la neurologia, la psicologia, la psichiatria, la sociobiologia e la filosofia, con uno studio intra-specie e in una prospettiva evolutiva. Questa disciplina, così concepita, permette anche di superare molte obiezioni legate ai limiti degli strumenti di ricerca.
Gli organismi vengono al mondo con un repertorio di comportamenti spontanei che rappresentano il bagaglio ancestrale che permette agli organismi di interagire attivamente nel proprio ambiente fin dalla nascita. È presumibile che le emozioni siano apparse, nella storia evolutiva, per permettere una migliore sopravvivenza dell’individuo e della specie. I processi emotivi, infatti, forniscono dei valori naturali interni che sono alla base delle scelte e sono determinanti nel coinvolgimento degli organismi nell’ambiente circostante e nel definire i rapporti sociali più articolati. Panksepp individua dei sistemi emotivi primordiali e questi sono: ricerca, collera, paura, desiderio sessuale, cura, sofferenza e gioco.
L’arousal di questi circuiti genera non solo tendenze ad agire ma anche degli stati affettivi. Gli affetti emotivi non vanno però confusi con gli affetti omeostatici o con gli affetti sensoriali. Gli affetti emotivi si distinguono, infatti, sia per la generazione dei sentimenti affettivi, sia per la specificità della circuiteria neurochimica. Gli affetti emotivi non sono intenzionali, non sono attitudini proposizionali e non necessitano del linguaggio. Le emozioni sono fondamentali nell’apprendimento e nella memoria ed è proprio attraverso l’interazione di questi due processi di tipo secondario che le funzioni superiori vengono plasmate, articolate e mediate in un rapporto che però è integrato, circolare e bidirezionale. Molte delle nostre competenze cerebrali originano a livello sottocorticale e vengono poi articolate nelle funzioni superiori.
La necessità di coordinazione tra le funzioni di base, omeostatiche e affettive, ha generato una mappa neurale che Panksepp chiama proto-sé; tale proto-sé, con l’emergere dei sistemi emotivi e motivazionali, si è evoluto nel sé nucleare, fortemente legato alle strutture motorie. Tale sé nucleare, interagendo con i processi di tipo secondario e le funzioni di tipo terziario, ha originato il sé ideografico, che corrisponde alla coscienza così come viene comunemente intesa. La salienza del sé, così come teorizzata da Panksepp, descrive una gradualità nell’emergere della coscienza: oltre alla coscienza cognitiva esiste una coscienza affettiva. In tal modo cambia anche il concetto di inconscio, che non è più il regno delle pulsioni represse ma il luogo dei processi non cognitivamente consci.
La mente e i sentimenti sono originati nel cervello e sono radicati nei circuiti cerebrali eppure, sottolinea Panksepp, è fondamentale non cadere in un semplice riduzionismo neurale. Egli propone, pertanto, una teoria che prova andare oltre la dicotomia monismo/dualismo, identificando questa come monismo duale.
Panksepp e le neuroscienze affettive si confrontano con differenti teorie e approcci teorici. Attraverso tali confronti è possibile sottolineare alcuni aspetti originali dei suoi studi e, allo stesso tempo, dirimere alcune questioni più problematiche. I confronti qui proposti sono quelli con William James, e la sua teoria del feedback periferico; Paul Maclean, e il cervello uno e trino; Joseph LeDoux, con i suoi importanti studi sulla paura; Edmund T. Rolls, e i suoi studi sui sensi; e, infine, Antonio Damasio. La teoria di Panksepp e quella di Damasio, in particolare, presentano al tempo stesso delle forti similitudini e delle profonde divergenze.
La teoria di Panksepp ci mostra una nuova immagine della mente e dell’uomo, dove le emozioni giocano un ruolo fondamentale e dove il regno animale può fornirci delle valide informazioni sull’essere umano aprendo, infine, nuovi orizzonti nel campo della filosofia morale e della bioetica.

La Psicoterapia in se, permette l’ingresso di nuove informazioni, di una forma di apprendimento, di autoregolazione degli stati interni emotivi ed affettivi, ma soprattutto un intrecciarsi fra un equilibrio dinamico della complessità del rapporto Mente-Cervello. Troviamo riscontro in ambito terapeutico, mediante la Psicofisiologia, branca della Psicologia e della Medicina, la quale identifica il focus sulle emozioni nel corpo, la cosiddetta connessione Mente vs Corpo, non si può trattare un paziente nella Sua complessità senza tener in considerazione l’aspetto intrecciante neuronale che collega la Mente, come sede centrale, col corpo  come sede periferica; alla base dei Disturbi psicologici o psicopatologici.

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