Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno alle persone con demenza nell’attuale scenario della pandemia di COVID-19

Tavolo per il monitoraggio e implementazione del Piano Nazionale delle Demenze  – LINK

Referenti Regionali

Cristina BASSO (Azienda Zero UOC Servizio Epidemiologico Regionale e Registri, Veneto); Paolo BONINO (Azienda USL Valle d’Aosta, Valle d’Aosta); Amalia Cecilia BRUNI (Centro regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme, Calabria); Alessandra CACI (Assessorato regionale Sanità, salute e politiche sociali, Valle d’Aosta); Andrea FABBO (Progetto Demenze Regione Emilia- Romagna, Emilia Romagna); Marcello GIORDANO (ASP di Palermo Distretto 42 -Centro di Riferimento Regionale per le demenze, Sicilia); Annarita GRECO (Direzione Generale per la tutela della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale – UOD Interventi sociosanitari, Campania); Elisa LIDONNICI (ALISA Sistema Sanitario Regione Liguria, Liguria); Alessandra LOMBARDI (Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari – Provincia Autonoma di Trento); Franca LOVALDI(Programmazione Servizi Sanitari e Socio Sanitari, Piemonte); Sara MADRIGALI (Regione Toscana, Direzione Diritti di Cittadinanza e Coesione Sociale, Settore Politiche per l’integrazione socio-sanitaria, Toscana); Ernesto PALUMMERI (ALISA Sistema Sanitario Regione Liguria, Liguria); Paolo PERRATONE (Assessorato regionale Sanità, salute e politiche sociali, Valle d’Aosta); Antonino RIOLO (Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (Asugi) – Trieste); Silvia SCALMANA (Direzione regionale Salute e Integrazione socio-sanitaria – Area rete integrata del territorio, Lazio)

Società Scientifiche

Paolo CAFFARRA (SINDem –- Associazione autonoma aderente alla Società Italiana di Neurologia per le demenze); Francesco MAZZOLENI, Alessandro PIRANI (SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie); Marco TRABUCCHI (AIP – Associazione Italiana di Psicogeriatria)

Associazioni di pazienti e familiari

Manuela BELARDINELLI (Alzheimer Uniti Italia Onlus); Mario POSSENTI (Federazione Alzheimer Italia); Patrizia SPADIN (AIMA Associazione Italiana Malattia di Alzheimer);

Esperti

Anna Maria BARGAGLI (Dipartimento di Epidemiologia – Regione Lazio); Luisa BARTORELLI (Alzheimer Uniti Italia- Roma); Carlo BIAGINI (Ospedale S. Jacopo Pistoia Azienda USL Toscana Centro); Andrea CAPASSO (ASL Napoli 2 – Nord); Maria Pia COZZARI (Cooperativa Sociale Anthropos); Annalisa DI PALMA (ASL Napoli 1- Centro); Carlo GABELLI (Azienda Ospedale e Università di Padova); Giuseppe GAMBINA (Neurologo, Verona); Marina Michela GASPARINI (Neuropsicologa, Roma); Antonio GUAITA (Golgi Cenci Foundation); Fabio IZZICUPO (Centro Disturbi Cognitivi e Demenze UOC Governo Clinico, Distretto Sanitario di Senigallia); Antonella NOTARELLI (SOC Geriatria Firenze Empoli – Ospedale di San Miniato Azienda USL Toscana Centro); Piero SECRETO (Presidio Ospedaliero “Beata Vergine Consolata” Fatebenefratelli, San Maurizio Canavese, Torino );Andrea STRACCIARI (Neurologo, Bologna)

Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale

Gilda LOSITO (Responsabile Unità organizzativa “Privazione della libertà e salute”) Ministero della Salute

Liliana LA SALA, Fiammetta LANDONI (Direzione Generale della Prevenzione)

Istituto Superiore di Sanità

Sabina GAINOTTI, Carlo PETRINI, Luciana RIVA (Unità di Bioetica); Ilaria BACIGALUPO, Marco CANEVELLI, Giulia REMOLI, Emanuela SALVI, Nicola VANACORE (Osservatorio Demenze)

in collaborazione con
Teresa DI FIANDRA (già Referente Ministero della Salute e Coordinatrice del Tavolo per il monitoraggio e implementazione del Piano Nazionale Demenze)

Istituto Superiore di Sanità

Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno alle persone con demenza nell’attuale scenario della pandemia di COVID-19. Versione del 23 ottobre 2020.
Tavolo per il monitoraggio e implementazione del Piano Nazionale delle Demenze
2020, iii, 56 p. Rapporto ISS COVID-19 n. 61/2020

Le persone con demenza devono essere protette e supportate in modo mirato nell’attuale scenario pandemico. In diversi Paesi europei, tra cui l’Italia, un’elevata percentuale dei decessi per COVID-19 (circa il 20%) si è verificato tra le persone con demenza, probabilmente per effetto della difficoltà ad aderire alle norme igienico-sanitarie e di salvaguardia individuale e della comune presenza di patologie croniche concomitanti. Inoltre, circa il 20% delle persone con demenza vive in strutture residenziali dove la circolazione del virus è più sostenuta. Parallelamente, anche i pazienti non contagiati hanno presentato un rilevante peggioramento clinico come risultato dell’isolamento e distanziamento sociale. L’obiettivo di questo documento è di fornire ai professionisti sanitari e socio-sanitari e ai caregiver alcune indicazioni pratiche per prevenire il contagio e fornire il supporto necessario a tutte le persone con demenza. Il maggior carico richiesto a operatori e famiglie dovrebbe corrispondere ad un adeguato sostegno da parte delle Istituzioni.

Istituto Superiore di Sanità

Interim guidance for the appropriate support of people with dementia in the current COVID-19 pandemic scenario. Version of October 23, 2020.
Commission for monitoring and implementation of the National Dementia Plan
2020, iii, 56 p. Rapporto ISS COVID-19 n. 61/2020 (in Italian)

People with dementia must be adequately protected and supported in the ongoing pandemic. In several European countries, including Italy, a high percentage of deaths from COVID-19 (about 20%) occurred among people with dementia, probably due to the difficulty in adhering to hygienic practices and safeguarding measures, and the common presence of comorbidities. Furthermore, about 20% of people with dementia live in residential facilities where the circulation of the virus is more sustained. At the same time, non-infected patients also exhibited a significant clinical worsening as a result of isolation and social distancing. The aim of the present document is to provide healthcare professionals and caregivers with some practical information to prevent infection and provide the necessary support all people living with dementia. The greater burden on professionals and families should be accompanied by an adequate support from the Institutions.

Per informazioni su questo documento scrivere a: nicola.vanacore@iss.it; osservatorio.demenze@iss.it Si ringraziano: Mauro Bucciarelli (CNaPPS-ISS) moderatore tecnico Piattaforma StarLeaf e Paola Ruggeri (CNRVF-ISS) supporto editoriale.

Citare questo documento come segue:
Tavolo per il monitoraggio e implementazione del Piano Nazionale delle Demenze. Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno alle persone con demenza nell’attuale scenario della pandemia di COVID-19. Versione del 23 ottobre 2020. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020. (Rapporto ISS COVID-19, n. 61/2020).

Introduzione

Sulla base delle più accurate stime epidemiologiche disponibili, al 1° gennaio 2020 vivevano in Italia circa un milione e 100 mila persone affette da demenza, di cui circa il 60% con demenza di Alzheimer. Quasi il 78% di queste persone ha un’età superiore agli 80 anni, e le donne sono in prevalenza con un rapporto di 2,4:1. Questi dati, già di per sé indicativi di una dimensione rilevante, forniscono probabilmente una sottostima della reale frequenza del fenomeno, in quanto gli studi di prevalenza condotti in uno specifico territorio molto raramente includono anche pazienti con demenza istituzionalizzati. Inoltre vi è un’elevata percentuale di casi di demenza non diagnosticati.

Nello scenario della pandemia attualmente in corso, le persone con demenza hanno rappresentato e rappresentano tuttora una categoria a rischio, sia per la difficoltà che incontrano nel seguire fedelmente le norme sull’igiene e la prevenzione delle infezioni, sia perché, nel circa 20% dei casi, essi vivono in strutture residenziali dove la circolazione del virus è più diffusa. Inoltre, essi hanno presentato un rischio aumentato di esiti sfavorevoli, compresa la mortalità, anche per effetto della frequente presenza di patologie croniche concomitanti; la presenza di queste ultime costituisce infatti il principale fattore di rischio associato in generale alla mortalità per COVID-19.

I sistemi di sorveglianza e gli studi di sieroprevalenza non hanno ancora permesso di effettuare stime epidemiologiche specifiche sul numero di persone con demenza contagiate nella popolazione generale. In Italia, i dati preliminari dello studio di sieroprevalenza condotto dall’ISTAT in collaborazione con la Croce Rossa Italiana tra i mesi di maggio e luglio 2020 su un campione di 64.660 persone, rappresentativo della popolazione generale, mostra che il 2,5% della popolazione residente in famiglia è risultata IgG positiva, e cioè ha sviluppato gli anticorpi per il SARS-CoV-2. Tuttavia, non sono disponibili, per questo campione, ulteriori informazioni relative alla presenza o meno di patologie concomitanti quali la demenza.

Il sistema di sorveglianza ISS ha documentato che solo per l’8% dei contagiati (n=4.508/58.803) nel mese di aprile 2020 era disponibile l’informazione sul luogo del contagio. Di questi individui contagiati, ben il 44% (n=1.990) aveva contratto la malattia in una residenza sanitaria assistenziale o comunità per disabili, dove la presenza di persone con demenza è considerevole.

In due studi, di seguito richiamati, concernenti contesti ospedalieri, viene evidenziata la particolare fragilità di questa popolazione.

Nel periodo compreso tra il 3 marzo e il 14 aprile del 2020, 344 pazienti con COVID-19 confermato al tampone sono stati ricoverati presso il PS (Pronto Soccorso) dell’Ospedale “Citta della Salute e della Scienza” di Torino. Di questi, 25 pazienti (7,2%) erano affetti da Mild Cognitive Impairment (MCI) (n=4) o demenza (n=21), e tre di questi (12%) hanno poi necessitato di trasferimento in terapia intensiva.

Negli ospedali della provincia di Brescia, dal 22 febbraio all’8 aprile del 2020, sono stati ricoverati 627 pazienti con diagnosi di polmonite da COVID-19 confermati con tampone. Di questi, 82 (13.1%) avevano una diagnosi di demenza. Il tasso di mortalità per i pazienti affetti da demenza è stato del 62,2% (n=51/82), rispetto al 26,2% (n=143/545) osservato nei soggetti senza demenza. La diagnosi di demenza, pur considerando la variabilità per sesso ed età dei pazienti ricoverati, predisponeva ad una mortalità doppia (OR = 1.84; IC 95% 1.09-3.13) rispetto ai pazienti con altre patologie.

In un campione di 2.621 cartelle cliniche di persone decedute negli ospedali italiani con tampone positivo per SARS-CoV-2, rappresentativo per età, residenza e periodo dei circa 30.000 deceduti nella popolazione generale ai primi di maggio del 2020, il 15,8% dei casi esaminati aveva una diagnosi di demenza. Questo dato è confermato in un recente report dell’Alzheimer Disease International che ha analizzato l’impatto della malattia provocata dal SARS-CoV-2 sui pazienti con demenza nei mesi dell’emergenza sanitaria in nove Paesi (Italia, Regno Unito, Spagna, Irlanda, Australia, Stati Uniti, India, Kenya e Brasile). In questo report, si documenta che un decesso per COVID-19 su cinque si era verificato in persone con demenza.

Tenendo presente questo scenario, e nel pieno rispetto delle norme e delle indicazioni nazionali vigenti, l’obiettivo di questo documento è di fornire ai professionisti sanitari e socio-sanitari e ai caregiver delle persone con demenza, una serie di indicazioni pratiche per potere prevenire il contagio e assistere nel modo più appropriato la persona di cui ci si prende cura in diversi setting (domiciliare, ambulatoriale, semiresidenziale, residenziale) contribuendo a ridurre l’impatto della pandemia in corso su questi pazienti e sulle loro famiglie e a prevenire il rischio di forme di isolamento,

Il rapporto intende anche contribuire a migliorare il livello di comunicazione tra tutti gli operatori socio- sanitari coinvolti nella rete assistenziale, le persone con demenza e i loro caregiver.

L’insieme delle indicazioni pratiche presenti in questo rapporto dovranno essere necessariamente modulate in relazione all’andamento della pandemia in corso e con riferimento ai quattro possibili scenari epidemiologici riportati dal documento del Ministero della Salute – Istituto Superiore di Sanità denominato “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”.

Non è superfluo ricordare che le modulazioni devono anche tenere conto delle specifiche indicazioni regionali, che talvolta hanno risposto e continuano a rispondere in modo diverso alle diverse manifestazioni/accelerazioni locali della pandemia stessa.

Appare infine evidente come l’insieme delle indicazioni suggerite in questo rapporto implichino un aumento del carico lavorativo e assistenziale per gli operatori e per le famiglie delle persone con demenza, e quanto questo comporti la necessità di prevedere un adeguato sostegno da parte delle istituzioni nazionali e locali, sia in termini economici che di risorse umane.

Bibliografia

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Bianchetti A, Rozzini R, Guerini F, et al. Clinical presentation of COVID19 in dementia patients. J Nutr Health Aging. 2020;24(6):560-562. doi: 10.1007/s12603-020-1389-1.

Canevelli M, Palmieri L, Raparelli V, et al. Prevalence and clinical correlates of dementia among COVID-19-related deaths in Italy. Alzheimer’s & Dementia Diagnosis Assessment and Disease Monitoring. 2020; In Press.

Edelstein M, Obi C, Chand M, et al. SARS-CoV-2 infection in London, England: changes to community point prevalence around lockdown time, March-May 2020. J Epidemiol Community Health. 2020 Oct1: jech-2020- 214730. doi: 10.1136/jech-2020-214730.

ISTAT. Primi risultati dell’indagine di sieroprevalenza sul SARS-CoV2 – 3 agosto 2020 https://www.istat.it/it/files//2020/08/ReportPrimiRisultatiIndagineSiero.pdf.

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Task force COVID-19 Dipartimento Malattie Infettive e Servizio di Informatica. Epidemia COVID-19, Aggiornamento nazionale: 23 aprile 2020. Roma: Istituto Superiore di Sanità: 2020

1. Riorganizzare le attività cliniche e assistenziali

L’epidemia di COVID-19 ha avuto un profondo impatto sull’organizzazione delle attività cliniche e socioassistenziali rivolte alle persone con demenza e ai loro caregiver. Nel corso della fase emergenziale dell’epidemia, la maggior parte dei Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) presenti sul territorio nazionale ha dovuto interrompere o limitare fortemente l’erogazione di attività specialistiche, assicurate esclusivamente ai pazienti in situazioni di urgenza. La cancellazione degli appuntamenti per visite specialistiche, la chiusura dei CD (Centri Diurni), le limitazioni imposte ai servizi di assistenza domiciliare, il sovraccarico della Medicina Generale, hanno ostacolato l’attuazione di una gestione integrata della persona con demenza, fondamentale ai fini di un’adeguata presa in carico dei principali bisogni di salute e assistenza.

Allo stesso tempo, durante i primi mesi della pandemia, sono stati sviluppati e affinati interventi da remoto che hanno consentito di identificare situazioni di rischio, monitorare le condizioni cliniche delle persone con demenza, fornire supporto ai caregiver, garantire la comunicazione tra paziente/caregiver e gli operatori sanitari e sociali coinvolti nella rete assistenziale. L’epidemia ha quindi suggerito come l’adozione di interventi da remoto affidabili e sostenibili possa costituire un’opportunità per migliorare e semplificare il processo di presa in carico e favorire la continuità delle cure.

La riorganizzazione delle attività cliniche e assistenziali rivolte alla persona con demenza, imperativa in questo momento storico, deve tenere conto:

  •   del cambiamento dei bisogni di salute dei pazienti, che hanno spesso presentato un rilevante peggioramento clinico nel corso dell’epidemia;
  •   dell’aumentato stress assistenziale per i caregiver;
  •   della necessità di ridurre il rischio di contagio da SARS-CoV-2, per utenti e operatori, nelle strutture

    socio-sanitarie;

  •   della riorganizzazione strutturale generale dei servizi sanitari e socioassistenziali in atto.

    Nei prossimi mesi della pandemia, sarà opportuno attivare e implementare gli interventi da remoto, mantenendo, anche in questa modalità di assistenza, un approccio integrato e multidisciplinare. È necessario identificare e sviluppare strategie condivise per regolamentare l’accesso ai servizi specialistici e recuperare le prestazioni non erogate nei primi mesi dell’epidemia in accordo a criteri clinici e amministrativi, di precedenza e priorità. È fondamentale proteggere gli utenti dei servizi, vigilando sull’osservanza delle misure igienico-sanitarie e di salvaguardia individuale, e assicurando la disponibilità dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) più appropriati nonché monitorando il processo assistenziale. Al contempo, è imperativo proteggere adeguatamente gli operatori sanitari, anche in considerazione delle peculiarità delle attività clinico-assistenziali rivolte alle persone con demenza. Sarà infine importante adottare le norme più aggiornate circa le procedure di disinfezione e sanificazione, e dei trasporti da e verso i servizi.

    1.1. Interventi da remoto

    A tutti i servizi coinvolti nella presa in carico delle persone con demenza e dei loro caregiver è raccomandata, in questa fase emergenziale, l’attivazione di interventi da remoto al fine di garantire la continuità delle cure, limitare il rischio di contagio, e inquadrare i principali bisogni assistenziali degli utenti.

    In accordo al Rapporto ISS COVID-19 n. 12/2020 “Indicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina durante l’emergenza sanitaria COVID-19”, si applicano alle persone con demenza le indicazioni indirizzate a tutte le “persone affette da patologie croniche, malattie rare e persone in condizioni di fragilità, oppure che richiedono trattamenti di lungo periodo o di particolare assistenza e/o supporto non ospedalieri, e che necessitano di mantenere la continuità dei servizi durante la quarantena, l’isolamento o nel periodo di applicazione delle norme di distanziamento sociale” (Situazione C del documento).

Per queste persone, le esigenze principali di carattere generale che si possono soddisfare a distanza sono:

  •   verifica della comparsa ed eventualmente dell’evoluzione dei sintomi legati a COVID-19, con il livello di personalizzazione della cura e dell’assistenza richiesto secondo i casi;
  •   sorveglianza personalizzata delle condizioni cliniche di base (es. performance cognitiva globale, autonomie funzionali, disturbi comportamentali) per tutto il periodo necessario;
  •   erogazione di controlli specialistici, eventualmente eseguendo in tal modo anche quelli già programmati prima dell’inizio del periodo di isolamento;
  •   possibilità di richiedere colloqui a carattere informativo generale o riguardanti norme igienico- comportamentali per ridurre il rischio di contagio da SARS-CoV-2;
  •   possibilità di richiedere supporto psicologico per attenuare i disagi della restrizione di libertà e di contatti interpersonali;
  •   possibilità di richiedere colloqui con l’MMG per le usuali attività dell’assistenza medica territoriale, con particolare riferimento alla possibilità di ottenere eventuali prescrizioni o certificazioni;
  •   il sostegno psicologico per pazienti e familiari. 1.1.1 Attività da remoto: professionalità coinvolte

    Con riferimento alle attività comunemente erogate dai CDCD, in questa fase emergenziale, attraverso gli interventi da remoto è possibile svolgere:

  •   primi colloqui specialistici con valutazioni della performance cognitiva globale, delle autonomie e dei disturbi del comportamento;
  •   visite specialistiche di controllo (programmate dai CDCD o richieste dai caregiver o dall’MMG);
  •   valutazioni cognitive di secondo livello, utilizzando test comunemente utilizzati dal CDCD, prestando attenzione all’effetto favorevole sulle prestazioni del paziente che può derivare dalla presenza di una terza persona che si comporta – anche inconsapevolmente – da guida/allenatore;
  •   cicli di stimolazione cognitiva, individuale o di gruppo;
  •   teleriabilitazione;
  •   prescrizione di ausili e presidi;
  •   colloqui con familiari e caregiver.

    Con riferimento alle attività di pertinenza della Medicina Generale, l’MMG attraverso gli interventi da remoto è in grado di:

     fornire la dovuta assistenza medica territoriale per le prestazioni legalmente compatibili con l’erogazione in telemedicina, con particolare riferimento alla possibilità di erogare eventuali prescrizioni o certificazioni, anche tramite l’implementazione e la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE);

  •   fornire colloqui a carattere informativo generale o riguardanti norme igienico-sanitarie e comportamentali per ridurre il rischio di contagio da nuovo coronavirus;
  •   interagire con il caregiver e la persona con demenza per verificare la comparsa di sintomatologia sospetta per infezione da COVID-19 e attuare un triage per identificare situazioni di rischio;
  •   attivare, laddove si rendesse necessario in base al triage, “un terzo sistema di intervento” per cui l’MMG può predisporre la partecipazione di un’equipe dedicata (Unità Speciali di Continuità Assistenziale, USCA) o interventi di emergenza (118), in conformità alle disposizioni regionali;
  •   fornire supporto di tipo psicologico per attenuare i disagi potenzialmente derivanti dall’isolamento sociale e dal mutato scenario dell’assistenza.

    È indicato che anche le altre professionalità coinvolte nella rete assistenziale (terapisti occupazionali, psicologi, assistenti sociali, associazione dei familiari) sviluppino e implementino interventi da remoto sulla base delle attività comunemente svolte.

    È sempre opportuno che gli interventi da remoto si svolgano in modo coordinato, attraverso una stretta interazione tra i diversi attori coinvolti. Questo approccio è fondamentale per garantire e supportare, anche nel caso di interventi non erogati in presenza, un modello di integrazione delle cure e la reale “messa in rete delle professionalità necessarie all’approccio multidisciplinare e multidimensionale” alla persona con demenza, come indicato dal Piano Nazionale Demenze.

    1.1.2. Destinatari dell’intervento

    I destinatari degli interventi da remoto sono rappresentati dalla diade paziente-caregiver. Ogni intervento dedicato alle persone con demenza deve infatti prevedere anche la possibilità di interventi diretti al caregiver (informazione, formazione e supporto) che fanno parte del piano di cura globale.

    1.1.3. Modalità di accesso

    Le modalità di accesso da remoto ai servizi dedicati alla presa in carico delle persone con demenza e dei loro caregiver prevedono:

  •   colloqui telefonici: sono indicati per proporre l’attivazione del servizio in telemedicina, al fine di illustrarne l’utilità e spiegarne le modalità. Possono facilitare la continuità d’assistenza, la gestione di specifiche manifestazioni cliniche e l’identificazione di situazione di rischio. Consentono, inoltre, di facilitare e regolamentare l’accesso ai servizi specialistici;
  •   servizio in telemedicina: videochiamate mediante smartphone, pc, tablet, permettono lo svolgimento di visite specialistiche, la somministrazione di test/scale cognitive, la conduzione di una valutazione neurologica, la partecipazione in interventi di stimolazione cognitiva individuale o di gruppo, la teleriabilitazione, i colloqui con pazienti e caregiver;
  •   canali di comunicazione telefonici e via e-mail per l’MMG, Servizi Sociali, Associazioni.

    Qualora pazienti e caregiver non avessero a disposizione PC, tablet o smartphone, laddove vi sia disponibilità di dispositivi informatici aziendali, si potrebbero erogare interventi da remoto attraverso la partecipazione di un operatore della rete dei servizi assistenziali disponibile a recarsi al domicilio del paziente.

    1.1.4. Limiti e opportunità

    È opportuno specificare come i suddetti interventi da remoto devono essere intesi come integrazione e complemento degli interventi in presenza o come approcci alternativi nel corso della pandemia senza tuttavia pensare che la telemedicina possa sostituire definitivamente il rapporto in presenza tra operatore sanitario e la diade paziente-caregiver, e mutare il valore della relazione e del rapporto diretto tra chi ha bisogno di essere curato e il curante, nel rispetto della prassi professionale e del Codice Deontologico.

Al contempo, nella attuale situazione emergenziale, lo sviluppo e l’implementazione di interventi da remoto potranno costituire un’importante opportunità e strumento nel processo di messa a regime della rete di “care and cure” alla persona con demenza e di sostegno del caregiver. Infatti, nell’ottica di ridurre il rischio di contagio dovuto a spostamenti dal domicilio non necessari e il disagio di un trasferimento al CDCD spesso non di semplice attuazione, i pazienti verificati come stabili dal punto di vista cognitivo, funzionale e comportamentale, a seguito di triage telefonico con questionari strutturati, potranno essere regolarmente controllati da remoto. Inoltre, gli interventi da remoto possono consentire ai servizi dedicati alla presa in carico delle persone con demenza e dei loro caregiver il funzionamento della rete dal primo contatto fino alle fasi severe e più avanzate di malattia.

1.2. Interventi in presenza

La ripresa di tutti gli interventi in presenza deve essere regolata in riferimento al rischio epidemico.

La possibilità di svolgere le attività in presenza richiede che vengano sempre approfonditi in modo individualizzato gli elementi di rischio, valutando se sia possibile garantire il mantenimento delle distanze fisiche o se sia indispensabile il contatto diretto, se sia necessaria la presenza di altri nella stanza insieme all’utente e all’operatore, se sia praticabile o meno l’uso delle mascherine da parte degli utenti, se vi possa essere un rischio di aerosolizzazione, se l’intervento possa o meno essere effettuato in remoto con adeguata efficacia o essere opportunamente modificato per diminuire il rischio e se sia indispensabile l’effettuazione in presenza.

Le attività che richiedono la compresenza di più persone devono essere riorganizzate in modo da osservare le misure igieniche stabilite per il contrasto alla diffusione dell’infezione COVID-19 e alla luce dell’andamento locale della pandemia.

1.2.1. Pianificazione degli accessi ai CDCD e contatti telefonici preliminari

Al fine di riprogrammare gli accessi ai CDCD, si sottolinea l’importanza di prevedere che le prime visite per avviare l’iter diagnostico e la presa in carico dovrebbero essere sempre prescritte con priorità P (programmate).

Le richieste di accesso con priorità U (urgente), B (breve) e D (differita) devono essere riservate a situazioni che richiedano un intervento tempestivo come, ad esempio:

 comparsa/esacerbazione di disturbi del comportamento;

 cadute recenti;
 significativo calo ponderale;
 recente accesso in PS;

 recente ospedalizzazione;
 episodi di delirium;
 rapido/improvviso peggioramento del quadro cognitivo e/o delle autonomie funzionali;  assenza di supporto sociale e assistenziale.

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Sarebbe auspicabile che i CDCD sviluppassero e adottassero degli strumenti comuni (es. delle checklist basate sulle suddette manifestazioni cliniche) per facilitare l’identificazione delle situazioni che necessitano di un intervento tempestivo.

Le prestazioni ambulatoriali devono sempre essere prenotate, al fine di programmare l’accesso al CDCD per le prime visite o visite di controllo con priorità P, U, B, D, tramite CUP telefonico o CUP online o direttamente presso la struttura. La via telematica andrà sempre privilegiata, anche per il pagamento ticket, ove possibile.

  •   Pianificare un contatto telefonico preliminare in preparazione della visita:
    • –  con il paziente/caregiver per la raccolta dell’anamnesi, per escludere contatti con casi accertati o sospetti di COVID-19, per impostare la raccolta dell’anamnesi completa (compresa quella farmacologica) al fine di limitare i tempi di visita e ad indirizzare la diagnosi differenziale e l’eventuale prescrizione di esami ad approfondimento;
    • –  con l’MMG per concordare l’eventuale effettuazione di esami ematici, strumentali e radiologici, prima della visita specialistica, per abbreviare l’iter della diagnosi differenziale. L’effettuazione di un triage tra clinico del CDCD e MMG può essere condotto nell’ottica di dare priorità alle valutazioni per motivi clinici e diagnostici, ad esempio in presenza di disturbi comportamentali o di situazione di elevata complessità socio-assistenziale.
  •   Prevedere un adeguato intervallo temporale tra una prenotazione e la successiva, e riorganizzare le attività su un orario più ampio allo scopo di evitare l’affollamento delle sale d’attesa, la presenza contemporanea di troppi operatori o utenti/familiari, e di procedere alla sanificazione delle stanze di visita.
  •   Allo scopo di condividere anticipatamente con pazienti e familiari le regole di sicurezza su procedure di accesso e interazione, distanza e protezioni è opportuno prevedere contatto telefonico preliminare per:
    • –  confermare giorno e ora dell’appuntamento raccomandando di rispettare rigorosamente gli orari, evitando sia di arrivare in anticipo sia di sostare in sala d’attesa alla conclusione della visita;
    • –  comunicare la necessità di utilizzare i DPI (mascherina) e la eventuale disponibilità all’ingresso della struttura di mascherine e del disinfettante per le mani;
    • –  confermare necessità di limitare gli accompagnatori a quelli strettamente necessari.
  •   Gli operatori addetti alla prenotazione devono avvisare gli utenti della necessità di contattare il CDCD per posticipare o rimandare l’accesso in caso di insorgenza, nel paziente o nell’accompagnatore, di sintomi respiratori o febbre e in tal caso di mettersi in contatto con l’MMG; analogo avviso deve essere effettuato relativamente ai pazienti che prenotino online.
  •   È bene valutare il livello di rischio COVID-19 attuale (è necessario verificare la presenza di sintomi attuali o recenti nella persona con demenza e nei familiari/caregiver e in altri conviventi, l’eventuale esposizione a soggetti positivi e la tipologia di contatti negli ultimi giorni/settimane). A tale scopo possono essere utilizzati moduli da compilare, con il supporto del personale, al momento dell’accesso al servizio.
  •   Ogni paziente deve essere accompagnato da una sola persona e deve indossare, se possibile, la mascherina. L’accompagnatore deve essere munito di mascherina e sottoposto al controllo della temperatura corporea e anamnesi, al fine di evitare l’accesso ai CDCD ai casi con possibile COVID- 19 e prevenire la diffusione del contagio.

1.2.2. Recupero delle prestazioni non erogate dai CDCD durante il lockdown
Il recupero delle prestazioni non erogate durante il lockdown dovrebbe avvenire nel rispetto di due

principi fondamentali:

  •   secondo un criterio di precedenza, riprogrammando in primis l’accesso per coloro che non hanno

    avuta erogata la prestazione per via del lockdown;

  •   secondo un criterio di priorità, garantendo un accesso più rapido ai pazienti che necessitino di un

    intervento tempestivo, come, ad esempio, in presenza di:

    • –  comparsa/esacerbazione di disturbi del comportamento,
    • –  cadute recenti,
    • –  significativo calo ponderale,
    • –  recente accesso in PS,
    • –  recente ospedalizzazione,
    • –  episodi di delirium,
    • –  rapido/improvviso peggioramento del quadro cognitivo e/o delle autonomie funzionali,
    • –  assenza di supporto sociale e assistenziale.

      I pazienti dovrebbero essere contattati telefonicamente in ordine di prenotazione. Si ritiene necessario che il personale sanitario valuti le necessità e i bisogni del paziente, se ancora presenti, modificati, o sopraggiunti, e riprogrammi l’accesso ove necessario. È inoltre indicato favorire l’accesso alle visite in presenza da parte dei pazienti per i quali la valutazione da remoto abbia messo in evidenza la necessità di un approccio tradizionale o che non possono usufruire degli interventi da remoto (es. per problemi tecnologici, vincoli linguistici o educativi).

      L’accesso al CDCD da parte di nuovi pazienti dovrebbe essere programmato solo dopo aver smaltito le prestazioni non erogate durante il lockdown. È importante fornire, agli utenti in lista d’attesa, indicazioni sui tempi previsti e materiale informativo che possa aiutare paziente e caregiver nella prospettiva della successiva visita (es. opuscoli sulle attività da proporre al paziente assistito a domicilio).

      1.2.3. Adattamenti organizzativi strutturali

      Per tutte le strutture che vedono in presenza persone con demenza (in primis CDCD e studi degli MMG) è necessario prevedere misure di riadattamento sia strutturali che organizzative, quali:

    •   riorganizzazione della sala d’attesa in modo da consentire un adeguato distanziamento fisico, e un adeguato ricambio d’aria, nonché la corretta gestione dei climatizzatori;
    •   gli utenti devono essere invitati, anche tramite ausilio di cartellonistica, a sostare il minor tempo possibile nelle aree in cui non può essere garantita una adeguata ventilazione;
    •   in sala d’attesa, i posti a sedere devono essere distanziati e identificabili;
    •   messa a disposizione di prodotti per l’igiene delle mani e delle mascherine monouso per gli utenti

      (paziente e accompagnatore);

    •   rimozione dei materiali non facilmente sanificabili;
    •   i percorsi devono essere chiaramente definiti in modo da evitare fraintendimenti e la commistione tra entrata e uscita;
    •   l’occupazione degli ambulatori da parte del personale (medici, psicologi, ecc.) deve essere pianificata nell’arco della giornata lavorativa in modo da non permettere affollamento di utenti.

Ferme restando le raccomandazioni generali, si ritiene che l’organizzazione di tutte le attività (in presenza e da remoto) sia da pianificare in funzione delle specificità organizzative e strutturali dei singoli servizi, prevedendo personale di supporto sanitario e amministrativo oltre al personale medico, con dimensioni proporzionate al carico di lavoro complessivo e un approccio di équipe multidisciplinare.

1.2.4 Osservanza delle norme di igiene e profilassi per operatori e utenti Utenti (paziente e caregiver)

  •   monitoraggio dello stato di salute all’ingresso della struttura: controllo della temperatura corporea attraverso termometri o termoscan senza contatto e rilevazione di eventuali sintomi sospetti (es. febbre, tosse);
  •   utilizzo di mascherine: accompagnatori e familiari devono indossare la mascherina durante l’intera permanenza presso la struttura come da DPCM del 13 ottobre 2020. È opportuno fornire a pazienti e accompagnatori una nuova mascherina chirurgica al momento dell’accesso al servizio. La persona con demenza, qualora non tollerasse la mascherina (es. per un senso di disagio, difficoltà a comunicare, problemi respiratori, disturbi comportamentali), può essere derogato dall’utilizzo della stessa;
  •   osservanza del distanziamento fisico, quanto più possibile. Operatori
  •   monitoraggio dello stato di salute all’ingresso della struttura: controllo della temperatura corporea attraverso termometri o termoscan senza contatto e rilevazione di eventuali sintomi sospetti;
  •   utilizzodimascherine:duranteleattività,l’operatoredevesempreutilizzarelamascherina,tenendola costantemente sul viso in modo corretto, anche in assenza di utenti o negli incontri con altri operatori;
  •   utilizzodialtriDPI:inconsiderazionedellapossibilederogaall’usodellamascherinaedellapossibile ridotta compliance all’utilizzo della stessa nelle persone con demenza, gli operatori devono essere dotati di tutti i DPI adeguati (es. mascherine filtranti [FFP], sovracamici, visiera, guanti, occhiali di protezione/occhiale a mascherina, ecc.) per l’elevato rischio di generazione di aerosol;
  •   correttolavaggiodellemanioutilizzodelleappositesoluzioniidro-alcolicheprimaedopoogniattività effettuata (lavaggio accurato con acqua e sapone per almeno 20 secondi, o meglio 40-60, o l’utilizzo di un disinfettante per mani a base di alcool con almeno il 65% di alcool);
  •   particolare attenzione dovrà essere dedicata all’igiene delle mani secondo i seguenti 5 momenti raccomandati dall’OMS:
    1. Prima del contatto con il paziente
    2. Immediatamente prima di qualsiasi manovra asettica
    3. Dopo esposizione ad un liquido biologico o dopo aver rimosso i guanti
    4. Dopo il contatto con il paziente o subito dopo essere usciti dalla stanza
    5. Dopo il contatto con qualsiasi oggetto nelle immediate vicinanze di un paziente
  •   osservanza del distanziamento fisico, quanto più possibile;
  •   sanificazione dei materiali utilizzati durante la visita (martelletto, materiale cartaceo, lettino, tavolo, tastiera del computer, cellulare)

1.2.5. Pulizia e disinfezione delle aree comuni

Durante la pandemia da COVID-19, anche nei locali senza casi confermati di COVID-19, si raccomanda l’applicazione di misure di pulizia e disinfezione nelle aree comuni (es. bagni, sale d’attesa, corridoi, ascensori, ecc.) con particolare attenzione agli oggetti e alle superfici che vengono toccate più frequentemente (es. maniglie e barre delle porte, delle finestre, sedie e braccioli, tavoli, interruttori della luce, corrimano, rubinetti dell’acqua).

1.2.6. Gestione dei trasporti

Tutti i trasporti programmati dai servizi o autonomamente organizzati per recarsi ai servizi devono essere effettuati tenendo conto delle misure di cautela generali e del DPCM del 13 ottobre 2020.

In particolare:

  •   è necessario indossare i DPI prima dell’ingresso e durante la permanenza nei luoghi di accesso al sistema di trasporto pubblico (stazioni ferroviarie, autostazioni, fermate del bus) e all’interno dei mezzi, ed è necessario rispettare la distanza di un metro durante le fasi di sosta, salita, transito e discesa dai mezzi pubblici. Tale distanza non andrà rispettata qualora si tratti di persone che vivono nella stessa unità abitativa, congiunti o coloro che intrattengono rapporti interpersonali stabili;
  •   è importante evitare di usare il trasporto pubblico se si hanno sintomi respiratori (febbre, tosse, raffreddore);
  •   acquistare, ove possibile, i biglietti in formato elettronico o tramite App;
  •   sedersi solo nei posti consentiti;
  •   evitare di avvicinarsi o chiedere informazioni al conducente;
  •   durante il percorso igienizzare frequentemente le mani ed evitare di toccarsi il viso.

    1.2.7. Monitoraggio dello stato di salute degli operatori

    Le misure adottate per il monitoraggio dello stato di salute degli operatori del servizio dovranno adattarsi tempestivamente alle indicazioni più aggiornate delle autorità sanitarie competenti e prevedere, quando indicata, l’esecuzione periodica dei test di screening, inclusi quelli sierologici.

    Nel caso in cui un operatore presenti sintomi (sintomi respiratori e/o febbre >37,5°C, e/o affaticamento respiratorio e/o altri sintomi simil-influenzali inclusa diarrea), deve avvertire immediatamente il referente della struttura ed evitare di recarsi al lavoro, fino a diversa indicazione del referente e del proprio MMG o delle autorità sanitarie, che andranno tempestivamente informati.

    È obbligatorio misurare la temperatura corporea del personale ad inizio turno. Qualora la temperatura risultasse >37.5°C l’operatore non può prestare servizio e dovrà attenersi a tutte le misure igienico- sanitarie previste per il caso. Sarà inoltre necessario avvisare il medico competente della struttura. Successivamente, si provvederà, se possibile, a sostituire l’operatore. È raccomandata la sospensione dell’attività lavorativa degli operatori a contatto stretto o sospetti/probabili o risultati positivi al test per SARS-CoV-2 in base alle disposizioni vigenti (Circolare Ministero della Salute n. 18584 del 29/05/2020. Ricerca e gestione dei contatti di casi COVID-19 (Contact tracing) e app Immuni).

    Si raccomanda la responsabilizzazione degli operatori sanitari e di assistenza al rispetto del distanziamento fisico e degli altri provvedimenti in vigore, anche al di fuori dei turni di lavoro.

1.2.8. Separazione fisica e funzionale degli ambienti

Nel caso in cui le strutture sanitarie che erogano i servizi ambulatoriali siano dotate anche di altre aree e altri servizi è indispensabile che gli accessi e gli spazi siano fisicamente e funzionalmente separati. Sarebbe utile, inoltre, la realizzazione di checkpoint agli ingressi, i quali possano aiutare il paziente ad utilizzare il percorso più idoneo per raggiungere gli ambulatori e i servizi dedicati. Risulta utile in tal senso migliorare la segnaletica e i percorsi guidati, evitando affollamenti e indirizzando al meglio i flussi.

1.2.9. Visite e interventi domiciliari

Le visite e gli interventi domiciliari devono avvenire solo dopo aver approfondito il possibile rischio COVID-19 dell’utente e dei conviventi, utilizzando tutti gli opportuni dispositivi medici e DPI ed effettuando appropriati interventi di igienizzazione e areazione degli ambienti.

1.2.10. Condivisione delle procedure

I responsabili delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali dovrebbero pianificare, organizzare e coordinare la comunicazione con gli operatori e tra gli operatori. Gli operatori devono ricevere comunicazioni chiare, puntuali e aggiornate sulle procedure e sulle misure da attuare nei diversi contesti e sulle motivazioni scientifiche che le sostengono.

1.2.11. Sensibilizzazione dell’utenza

Le informazioni per gli utenti dovranno essere fornite in modo adeguato alle modalità comunicative, e alla capacità del singolo di recepire l’informazione.

È appropriato l’utilizzo della comunicazione aumentativa attraverso poster, cartelli, volantini, screen saver che dovrebbero, ad esempio, insistere sull’igiene delle mani, sul distanziamento sociale, sull’uso della mascherina, e su altre precauzioni utili.

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2. Assistenza in contesto domiciliare alla persona con demenza

2.1. Introduzione

In Italia, circa l’80% delle persone con demenza è assistito da caregiver in contesto domiciliare.

In aggiunta ai pazienti assisiti in contesti residenziali, anche le persone con demenza, residenti presso il proprio domicilio sono state coinvolte in modo rilevante dall’epidemia di COVID-19, facendo registrare un elevato numero di contagi e decessi. È ipotizzabile che lo stato del sistema immunitario, lo stretto contatto fisico con i caregiver, e la scarsa aderenza ad alcune misure igieniche (es. lavarsi le mani) e di salvaguardia individuale (es. uso della mascherina, distanziamento) espongano tali persone a un rischio più elevato di infezione da SARS-CoV-2. Inoltre, la difficoltà nel comunicare i propri sintomi e la presentazione con manifestazioni talvolta atipiche e fuorvianti rispetto ai sintomi più comunemente riscontrati per il COVID-19 (es. confusione improvvisa e delirium, esacerbazione dei sintomi neuropsichiatrici) possono contribuire a un tardivo inquadramento diagnostico e trattamento, con un rischio aumentato di esiti sfavorevoli.

Alcuni studi condotti a livello nazionale e internazionale hanno anche mostrato come, durante l’epidemia di SARS-CoV-2, un’ampia proporzione di persone con demenza, assistite presso il proprio domicilio, pur non direttamente colpite dal contagio, abbia presentato un peggioramento rilevante delle proprie condizioni cliniche, in termini di accentuazione dei disturbi cognitivi, ulteriore limitazione delle autonomie funzionali, e esacerbazione/comparsa di disturbi affettivo-comportamentali.

È stato inoltre documentato come i caregiver siano stati esposti a maggiori livelli di stress assistenziale e come sia stato spesso necessario ricorrere a degli aggiustamenti delle terapie farmacologiche che essi già seguivano. Le misure di distanziamento sociale e autoisolamento, adottate durante il periodo emergenziale per limitare la diffusione del contagio, hanno richiesto di modificare in modo sostanziale le routine quotidiane e limitato la possibilità di ricorrere ad alcune delle strategie (es. attività all’aria aperta, interazioni sociali, ecc.) abitualmente adottate per gestire specifiche manifestazioni della demenza, quali i sintomi neuropsichiatrici, e attenuare in tal modo il carico assistenziale dei caregiver. Inoltre, l’isolamento prolungato può aver contribuito a generare e acuire sensazioni di solitudine e abbandono con possibili ripercussioni in termini emotivi e comportamentali. Infine, la sospensione di gran parte delle attività normalmente offerte dai servizi dedicati alla demenza ha impedito di intercettare i principali bisogni di salute delle persone che ivi erano seguite e di attuare interventi appropriati. Analogamente, il venir meno della continuità e integrazione delle cure può aver contribuito all’evoluzione peggiorativa delle varie patologie concomitanti.

In tale scenario, le indicazioni rivolte all’assistenza in contesto domiciliare alla persona con demenza che vengono fornite in questa sezione hanno due finalità principali che devono essere simultaneamente perseguite:

  •   ridurre il rischio di contagio da SARS-CoV-2 in virtù dell’elevato rischio di esiti sfavorevoli in tale categoria di individui;
  •   garantire la continuità delle cure e il mantenimento delle routine e di tutte quelle attività che sono fondamentali per la gestione della persona con demenza e per il benessere psico-fisico di quanti sono coinvolti nell’assistenza.

2.2. Ridurre il rischio di COVID-19 mentre si assiste la persona con demenza in contesto domiciliare

Occorre innanzitutto sottolineare come sia indicato informare e formare i caregiver sulle seguenti misure finalizzate a ridurre il rischio di COVID-19 in contesto domiciliare.

2.2.1. Misure generali

  •   Evitare di toccarsi occhi, naso e bocca. Lavarsi accuratamente le mani prima e dopo ogni attività che implichi la possibilità, anche involontaria, di toccarsi il volto. Ricordare regolarmente alla persona con demenza di non toccarsi gli occhi, il naso e la bocca.
  •   Assicurarsi di tossire o starnutire in un fazzoletto o nella piega del gomito. Quindi, lavarsi immediatamente e accuratamente le mani e gettare il fazzoletto tra i rifiuti indifferenziati. Cercare di stare a due metri dalla persona con demenza, aumentando il distanziamento, se si avesse bisogno di tossire o starnutire. Ricordare alla persona cui si presta assistenza di fare lo stesso. Cercare di mantenere una distanza di due metri dalla persona di cui ci si prendi cura se tossisce o starnutisce.
  •   È indicato fornire a caregiver stranieri informazioni e risorse tradotte e facilmente comprensibili come riportato nella Guida pratica per chi si prende cura degli anziani.

    2.2.2. Misure da seguire in casa

    •   Lavarsi regolarmente e accuratamente le mani con acqua e sapone, per almeno 20 secondi, compresi i palmi e il dorso delle mani, tra le dita, le dita, i polpastrelli e le unghie. Ricordare regolarmente alle persone assistite di farlo, fornendo loro aiuto se necessario. Le mani andrebbero lavate prima e dopo aver mangiato o prima di aiutare la persona di cui ci si prende cura a mangiare; dopo aver usato il bagno o aver aiutato qualcun altro a utilizzarlo; dopo aver fornito cure fisiche o aver avuto contatti fisici con la persona che si sta assistendo; dopo aver toccato animali; dopo aver toccato il naso, gli occhi o la bocca; e dopo aver toccato qualsiasi cosa che potrebbe essere stata toccata da altri, comprese le maniglie delle porte, le superfici, i corrimano, gli interruttori della luce e i telefoni.
    •   Indossare la mascherina chirurgica quando ci si avvicina alla persona cui si presta assistenza. I caregiver di persone con demenza possono essere esentati dall’uso della mascherina qualora ciò interferisse nell’interagire con la persona di cui ci si prende cura. La persona con demenza può essere esentata dall’uso della mascherina (DPCM 13 ottobre 2020).
    •   Se altri membri della famiglia o altre persone coinvolte nell’assistenza dovessero uscire di casa, ricordare loro di indossare la mascherina, evitare gli assembramenti rispettare il distanziamento di almeno un metro e lavarsi immediatamente le mani al rientro.
    •   Limitare le visite a casa da parte di altre persone se non strettamente necessario. I visitatori devono prendere le opportune precauzioni indossando DPI (mascherina) e lavandosi le mani.
    •   Pulire regolarmente la casa, comprese le superfici che vengono toccate più frequentemente (es. tavoli, sedie, maniglie delle porte, interruttori della luce, sciacquoni, rubinetti, telefoni e altri schermi o dispositivi elettronici).
    •   Igienizzare gli indumenti.
    •   Mantenere ventilati gli ambienti domestici.
  •   Annotarsi e tenere a portata di mano recapiti dei servizi sanitari (es. MMG, servizi di guardia medica, servizi di assistenza domiciliare, numero verde regionale) da contattare in caso di necessità.
  •   È possibile affidare gli acquisti (es. alimenti, farmaci) ai familiari o ai servizi di consegna a domicilio per limitare gli spostamenti fuori casa.
  •   Rispettare la distanza di almeno un metro dalle altre persone durante i pasti consumati in compagnia dal momento che la mascherina non viene indossata.

    2.2.3. Misure da seguire fuori casa

    •   Mantenere almeno un metro di distanza dalle altre persone.
    •   Evitare abbracci e strette di mano.
    •   Il caregiver deve avere sempre con sé la mascherina che deve essere indossata tanto nei luoghi aperti che nei luoghi chiusi. I caregiver di persone con demenza possono essere esentati dall’uso della mascherina qualora ciò interferisse nell’interagire con la persona di cui ci si prende cura. La persona con demenza può essere esentata dall’uso della mascherina (DPCM 13 ottobre 2020).
    •   Utilizzare prodotti igienizzanti per le mani a base di alcol (con concentrazione di alcol al 70%), soprattutto dopo il contatto con oggetti toccati continuamente da altre persone (es. i carrelli della spesa, le maniglie sui mezzi pubblici, i pulsanti dell’ascensore, ecc.).
    •   Lavarsi subito le mani appena rientrati a casa.

      È possibile utilizzare supporti/ausili grafici (es. scritte, immagini) per ricordare alla persona con demenza di seguire le suddette misure di igiene personale e protezione individuale (lavarsi le mani, uso della mascherina, distanziamento). Adottare una comunicazione rassicurante nel fornire informazioni sull’epidemia e sulle misure preventive da adottare al fine di evitare l’insorgenza/peggioramento di reazioni emotive negative e disturbi comportamentali.

      2.3. Riconoscere le manifestazioni cliniche del COVID-19

      È indicato informare e formare i caregiver e gli operatori sanitari e socio-sanitari in contesti domiciliari sulla presentazione clinica del COVID-19 in persone con demenza. Il riconoscimento del COVID-19 e l’attuazione tempestiva di interventi terapeutici presuppongono, infatti, la conoscenza delle manifestazioni cliniche tipiche e atipiche d’esordio e di eventuale progressione critica dell’infezione in tale categoria di individui.

      2.3.1. Esordio clinico
      Le manifestazioni tipiche del COVID-19 comprendono:

       febbre o brividi;
       tosse secca;
       affaticamento/astenia;
       produzione di espettorato;
       dispnea (sensazione o evidenza di “fame d’aria”, “affanno”);  mal di gola;
       mal di testa;

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 dolori muscolari e/o articolari;
 diarrea;
 nausea e/o vomito;
 attenuazione/perdita del senso del gusto e/o dell’olfatto;
 meno frequenti: congiuntivite, manifestazioni cutanee (orticaria, petecchie).

Nelle persone con demenza, il COVID-19 può tuttavia esordire con delle manifestazioni considerate atipiche nella popolazione generale, per lo più consistenti nella modificazione o nell’improvviso peggioramento di alcuni sintomi/segni della patologia di base o nell’insorgenza repentina di alterazioni psichiche e/o dello stato di coscienza. La conoscenza e la capacità di riconoscere tali manifestazioni è essenziale per favorire la diagnosi tempestiva dell’infezione da SARS-CoV-2 in questa categoria di persone:

  •   agitazione psicomotoria, irrequietezza;
  •   confusione;
  •   fluttuazioni/alterazioni dello stato di coscienza;
  •   sopore;
  •   estraniamento, diminuzione della responsività agli stimoli ambientali;
  •   peggioramento di preesistenti disturbi comportamentali (es. apatia, depressione, irritabilità, agitazione/aggressività, comportamento oppositivo, wandering/vagabondaggio);
  •   anoressia;
  •   cadute;
  •   debolezza generalizzata;
  •   peggioramento dei livelli di autonomia funzionale.

    In presenza di cambiamenti e/o peggioramenti di tali manifestazioni cliniche, si raccomanda che il caregiver della persona con demenza prenda tempestivamente contatto con l’MMG o con i servizi di continuità assistenziale, evitando di recarsi direttamente in PS o di attivare i servizi di assistenza medica di emergenza.

    2.3.2. Evoluzione critica
    Qualora comparissero i seguenti sintomi e/o segni clinici di allarme è invece necessario attivare

    tempestivamente i servizi di emergenza sanitaria (118, PS):

  •   difficoltà respiratoria;
  •   dolore o oppressione a livello toracico;
  •   difficoltà/impossibilità ad essere risvegliati;
  •   cianosi del volto (viso o labbra bluastre).

    Per una tempestiva identificazione dei segni e sintomi clinici di allarme precedentemente riportati, può essere utile monitorare regolarmente i seguenti parametri clinici:

    •   temperatura corporea: deve essere inferiore a 37,5°;
    •   frequenza respiratoria: si valuta mettendo una mano sul torace della persona e contando gli atti

      respiratori in sequenza. Deve essere inferiore a 21 atti al minuto;

    •   saturazione di ossigeno: si valuta ponendo un saturimetro, acquistabile in farmacia o nei negozi di sanitari, ad un dito del malato. Deve essere superiore a 90%.

16

2.4. Fornire assistenza alla persona con demenza in caso di sospetto o diagnosi di COVID-19

In caso di sospetto o diagnosi di COVID-19 in persone con demenza, assistite in contesto domiciliare (compresa la situazione in cui il paziente con COVID-19 è dimesso a domicilio dopo un ricovero ospedaliero), è indicato:

  •   Se possibile, isolare la persona in una stanza separata dagli altri membri della famiglia/caregiver. Se ciò non fosse possibile, cercare di mantenere la massima distanza possibile. Ricordare regolarmente alla persona con demenza di limitare gli spostamenti dentro casa.
  •   Mantenere la casa, e in particolare la stanza in cui si trova la persona assistita, ben ventilata.
  •   Limitare il numero di persone della famiglia che forniscono assistenza e hanno contatti con la

    persona.

  •   Assicurarsi che la persona beva acqua o altri liquidi (ad es. tisane) regolarmente per rimanere adeguatamente idratata.
  •   Incoraggiare la persona a mangiare regolarmente e assicurare pasti nutrienti e variati.
  •   Assicurarsi che la persona assuma regolarmente le terapie (per il COVID-19 o per le altre malattie

    concomitanti) prescritte dagli operatori sanitari.

  •   Monitorare i sintomi della persona.
  •   Monitorare i parametri clinici della persona.
  •   Cercare subito assistenza medica in caso di peggioramento.
  •   Lavarsi le mani con acqua e sapone dopo ogni contatto fisico con la persona, la sua biancheria da letto o qualsiasi superficie che ha toccato.
  •   La persona con demenza, per la quale si ha sospetto o conferma di contagio da COVID-19, dovrebbe indossare la mascherina. I caregiver devono anch’essi indossare DPI adeguati (es. mascherine filtranti, FFP) nel fornire assistenza.
  •   Se la persona non è in grado di alzarsi dal letto, cercare di aiutarla a cambiare posizione regolarmente.
  •   Il bagno condiviso dovrebbe essere pulito dopo ogni uso da parte della persona.
  •   Assicurarsi che la persona abbia la propria biancheria, asciugamani e stoviglie per mangiare e bere,

    tenendole separate dal resto della dotazione domestica.

    2.5. Offrire routine e attività appropriate

    Per la persona con demenza i cambiamenti di routine prestabilite e consolidate possono contribuire alla comparsa o al peggioramento di manifestazioni comportamentali (es. ansia, irritabilità, aggressività, “sindrome del tramonto”), all’accentuazione dei disturbi cognitivi, e di conseguenza, ad un maggiore carico/stress assistenziale per il caregiver. Al contrario, sviluppare e mantenere una routine quotidiana, basata su attività semplificate e sequenziali, può risultare calmante e rassicurante sia per la persona con demenza sia per coloro che lo circondano. Infatti, la prevedibilità di una routine può diminuire il senso di ansia, incertezza e precarietà. Ritrovare con regolarità le attività da svolgere nel corso della giornata

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restituisce un senso di sicurezza e tranquillità, oltre a fornire, nella persona con demenza, un possibile beneficio cognitivo.

Vengono di seguito elencate una serie di indicazioni che possono facilitare il mantenimento di una routine costante per la persona con demenza:

  •   riconsiderare la routine precedente, identificando quali sono le attività che è più opportuno adattare/sostituire;
  •   redigere uno schema di routine quotidiana (es. ricorrendo alla compilazione di griglie o calendari giornalieri o settimanali per pianificare le attività);
  •   mantenere una corretta igiene del sonno (es. non esagerare con i riposini diurni, limitare il consumo di caffeina, mantenere un orario costante di addormentamento);
  •   ridurre al minimo la sorveglianza diretta personale sostituendola con sistemi tecnologici di facile reperibilità e uso (tipo quelli usati per i bambini);
  •   rispettare gli orari dei pasti;
  •   scegliere attività che facciano leva sugli interessi e sulle preferenze della persona;
  •   adattare le attività alle capacità residue e ai livelli di energia della persona in differenti momenti della giornata (es. se la persona è irrequieta nel pomeriggio, provare a coinvolgerla in qualche forma di attività fisica);
  •   diversificare le attività, alternando attività fisiche, mentali e, ove possibile, interazioni sociali;
  •   prevedere momenti di riposo e rilassamento;
  •   incorporare nella routine attività che siano significative/piacevoli sia per la persona con demenza che per chi è coinvolto nell’assistenza.

    A titolo esemplificativo si suggeriscono anche alcune attività in cui coinvolgere la persona con demenza, possibilmente sulla base dei propri interessi personali:

     attività all’aria aperta (passeggiate, esercizi fisici, giardinaggio, cura di un animale domestico);  attività fisiche e di rilassamento (massaggi, pilates, yoga);
     cura della casa (apparecchiare e sparecchiare la tavola, piegare la biancheria, cucinare);
     lettura di semplici testi, esercizi di enigmistica, ascolto di audiolibri;

     visione di film o documentari, programmi di cucina;  disegno, pittura, scrittura;
     gioco delle carte;
     seguire funzioni religiose;

     visione e commento di album fotografici;
     ascolto di musica, canto, ballo;
     videogiochi, navigazione su Internet;
     telefonate o videochiamate con familiari e amici.

    Si sottolinea come le suddette indicazioni, rivolte ai caregiver e alle diverse figure professionali operanti in contesti domiciliari (es. assistenti sociali, associazioni), siano parte integrante dell’approccio quotidiano alla persona con demenza e non devono quindi essere interpretate solo come specificatamente riferite al periodo pandemico.

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2.6. Gestione delle manifestazioni comportamentali

La comparsa di cambiamenti comportamentali (es. agitazione, aggressività, disturbi del sonno, wandering) nella persona con demenza assistita a domicilio può essere influenzata da molteplici fattori che occorre identificare e correggere perché ne può derivare un marcato beneficio clinico:

 fattori emotivi: tristezza, solitudine, sensazione di isolamento/abbandono, ansia;
 fattori ambientali: rumore, eccessiva o insufficiente illuminazione;
 fattori fisici: dolore, costipazione, febbre, disidratazione, deficit sensoriali (vista e udito);  fattori terapeutici: introduzione o sospensione di nuovi farmaci.

L’insorgenza di disturbi comportamentali può essere prevenuta e attenuata attraverso l’implementazione di misure generali e interventi non farmacologici quali, ad esempio:

  •   adottare una comunicazione calma e semplice (chiedere una cosa alla volta con toni pacati);
  •   mantenere la routine quotidiana;
  •   rassicurare frequentemente la persona;
  •   evitare discussioni o contrasti;
  •   utilizzare l’umorismo, sdrammatizzare la situazione;
  •   assicurare una adeguata illuminazione degli ambienti domestici, soprattutto nelle ore pomeridiane,

    per evitare la sindrome del tramonto;

  •   mantenere una illuminazione notturna per prevenire o attenuare l’agitazione al risveglio;
  •   coinvolgere la persona in attività stimolanti e distraenti quali il canto, il ballo, ascoltare la musica;
  •   uscire per una passeggiata o svolgere attività fisica.

    Per quanto concerne invece i trattamenti farmacologici, è opportuno:

    •   assicurarsi che la persona con demenza assuma regolarmente le terapie prescritte per il trattamento della demenza e di altre patologie concomitanti;
    •   concordare con gli operatori sanitari (MMG, guardia medica, specialisti dei CDCD) eventuali cambiamenti di terapia o posologia;
    •   evitare il ricorso a terapie o posologie non indicate dai curanti;
    •   riservare i trattamenti farmacologici ai disturbi che non abbiano beneficiato di interventi non

      farmacologici.

      MMG e caregiver dovrebbero avere la possibilità di contattare telefonicamente, in fasce orarie programmate, o via e-mail il medico dei CDCD per collaborare nella gestione dei disturbi comportamentali. È anche opportuno che i caregiver facciano riferimento alle associazioni presenti sul territorio e ai servizi da essi attivati (es. servizi di assistenza sociale) per ricevere informazioni in merito alla gestione di particolari situazioni di criticità, suggerimenti su specifiche necessità o consigli utili alla strutturazione della routine domestica.

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2.7. Garantire la continuità delle cure

La continuità assistenziale, che va sempre garantita, può essere ottenuta attraverso interventi in presenza o da remoto (televisita, teleconsulto) che prevedano l’interazione tra pazienti, caregiver, MMG, specialisti curanti, associazioni.

L’utilizzo della comunicazione a distanza tramite supporto tecnologico non trasforma il rapporto MMG- caregiver-paziente in un rapporto virtuale. Al contrario, la telemedicina costituisce una necessaria integrazione dell’attività in presenza del medico che, in fase epidemica, si concretizza nella metodologia del triage telefonico.

L’MMG, infatti, deve ricostruire un quadro chiaro delle condizioni cliniche del paziente anche tramite il caregiver in modo da decidere le azioni da compiere con la necessaria appropriatezza clinica. L’MMG deve comunicare in modo adeguato ai caregiver dei pazienti con declino cognitivo, le finalità e le modalità dell’utilizzo della telemedicina al posto della tradizionale visita domiciliare in presenza, facendo comprendere come questo approccio sia strutturale e strategico alla continuità assistenziale domiciliare.

Limitatamente al periodo della pandemia da COVID-19, l’MMG è chiamato ad intraprendere un percorso diagnostico terapeutico attivando “un terzo sistema d’intervento”, che si associa alla procedura basata sulla check-list del triage per cui l’MMG può predisporre l’attivazione di un’équipe dedicata (USCA) o di interventi di emergenza (118).

MMG e caregiver dovrebbero avere la possibilità di contattare telefonicamente, in fasce orarie programmate, o via e-mail gli operatori del CDCD nei casi in cui il caregiver e/o il paziente, che necessita di rinnovo dei piani terapeutici, non siano in grado di recarsi a controlli programmati.

È indicato instaurare una comunicazione tra caregiver, MMG, e specialisti curanti per assicurare anche la continuità delle cure rivolte alle altre patologie concomitanti.

Qualora il caregiver della persona affetta da demenza, accudita a casa, con grave disabilità e comorbilità, si trovasse in una situazione di ricovero per COVID, dovendo quindi lasciare da solo la persona con demenza, in assenza di altro riferimento per l’assistenza (familiare o privato), è opportuno che tale condizione debba essere segnalata tempestivamente ai Servizi sociali, agli MMG o alle Unità di Valutazione Multidimensionale per evitare l’abbandono di persone in gravi difficoltà sanitarie e sociali.

Si raccomanda di garantire inoltre la continuità delle strategie di prevenzione, fornendo a pazienti e caregiver richiami a corretti stili di vita e agli interventi vaccinali in vista dei mesi più freddi, che sono di norma favorenti le virosi influenzali con possibili, nuove, ondate epidemiche.

2.8. Monitoraggio dell’aderenza alle terapie/prescrizioni mediche

La stretta osservanza delle raccomandazioni dei medici, circa le prescrizioni dei farmaci, la dieta e il proprio stile di vita è una priorità rilevante per le persone che convivono con la demenza ancor più in concomitanza delle misure messe in atto per la sicurezza e la prevenzione delle complicanze legate alla diffusione dell’infezione da COVID-19. Risulta prioritario sviluppare consapevolezza circa la necessità e l’efficacia della terapia in termini di continuità dell’assunzione.

Il caregiver della persona con demenza deve supervisionare l’assunzione delle terapie da parte del paziente, assicurandosi che ci sia una piena aderenza alle prescrizioni mediche. A tal fine, può essere utile avvalersi di ausili quali griglie, calendari, portapillole, dispenser di medicinali, sveglie o promemoria sul cellulare.

Una semplificazione degli schemi terapeutici può incrementare l’aderenza alle prescrizioni mediche.

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Il caregiver deve sempre concordare con gli operatori sanitari (MMG, guardia medica, specialisti dei CDCD) eventuali cambiamenti delle terapie e delle posologie prescritte per le varie patologie dell’assistito.

L’MMG può eseguire il monitoraggio indiretto dell’aderenza alle terapie/prescrizioni mediche tramite il software che utilizza per la gestione ambulatoriale dei pazienti. La maggior parte dei software gestionali consente di eseguire il controllo della congruità dei farmaci al momento della prescrizione e il monitoraggio del numero di confezioni prescritte. L’MMG può quindi controllare indirettamente se il rinnovo delle terapie farmacologiche croniche è congruo con le modalità di assunzione delle terapie prescritte (dosaggio die pro/farmaco: ad esempio, mezza compressa ipotensivo, due compresse diuretico, una compressa ansiolitico, ecc.). Tuttavia, anche se il numero di prescrizioni o ricette è congruo con il prospetto di somministrazione dei farmaci. questo non implica che le modalità di somministrazione della terapia alla persona da parte del caregiver al domicilio siano eseguite secondo le modalità prescritte. La certezza della corretta somministrazione della terapia farmacologica al domicilio è possibile solo adottando un diario giornaliero come è tenuto a fare l’infermiere non solo ospedaliero ma anche residenziale che deve registrare la somministrazione o meno di ogni singola dose.

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3. Assistenza alla persona con demenza
in contesto semiresidenziale e residenziale

3.1. Introduzione

Secondo l’ultima indagine dell’ISTAT sui presidi residenziali, al 31 dicembre 2013 erano attive in Italia 12.261 strutture residenziali socioassistenziali e socio-sanitarie che disponevano complessivamente di 384.450 posti letto. In essi erano assistite 367.485 persone; quasi 279 mila (75,8%) avevano almeno 65 anni, oltre 71 mila (19,3%) un’età compresa tra i 18 e i 64 anni, oltre 17 mila (4,8%) erano giovani con meno di 18 anni. Gli ospiti anziani non autosufficienti erano 210 mila. Tra gli anziani, oltre la metà era ultra- ottantacinquenne, e donne in più di tre casi su quattro. Le strutture residenziali che erogavano assistenza socio-sanitaria erano 8.272 (67.4%) per un ammontare di oltre 285 mila posti letto (il 74,2% dei posti letto complessivi).

Il dato più aggiornato sui servizi semiresidenziali è disponibile da una survey condotta negli anni 2015- 19, nell’ambito delle attività dell’Osservatorio Nazionale delle Demenze-ISS, che ha censito 607 strutture semiresidenziali o Centri Diurni per anziani. Di questi il 16.8% è pubblico a gestione diretta ed ha una mediana di 13 posti disponibili di cui 10 riservati a pazienti con demenza. Nel rimanente 83.2% dei Centri Diurni convenzionati, si rileva una mediana di 20 posti disponibili di cui 10 riservati a pazienti con demenza.

L’Osservatorio Nazionale delle Demenze-ISS ha attualmente censito anche 3.417 strutture residenziali (RSA) per anziani, pubbliche o convenzionate. Nella survey condotta dall’ISS negli anni 2015-19 su un campione di 330 RSA, il 26% dei residenti risultava affetto da demenza. In una revisione sistematica condotta in Europa nelle RSA per anziani, la prevalenza per la demenza era pari al 58% e tra le persone con demenza circa il 78% presentava disturbi comportamentali. Inoltre, si sottolinea come nelle RSA per anziani è frequente il fenomeno della sottostima della diagnosi di demenza.

Infine, è stato stimato che nelle RSA per anziani in Europa dal 60% all’83% dei deceduti era affetto da demenza.

Durante i primi sei mesi del 2020, la pandemia da COVID-19 ha coinvolto, pressoché in tutto il mondo, gli anziani delle RSA. In Italia, l’Osservatorio Nazionale delle Demenze-ISS in collaborazione con il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha condotto dal 24 marzo al 5 maggio una survey nelle 3.417 RSA censite in precedenza.

Nelle 1.356 RSA che hanno partecipato volontariamente all’indagine, e che ospitavano un totale di 100.806 residenti, 9154 persone sono decedute dal 1° febbraio al momento in cui il questionario è stato completato. Di questi, il 7,4% era affetto da COVID-19 e il 33,8% aveva sintomi simil-influenzali. I principali fattori associati alla presenza di COVID-19 nelle RSA erano la mancanza di personale, la difficoltà nel trasferire i pazienti in ospedale o in altra struttura, la difficoltà nell’isolare i residenti con COVID-19, le strutture con il maggior numero di posti letto e l’area geografica con maggiore diffusione del contagio (Nord Italia vs. Centro e Sud-Isole).

Un successivo approfondimento di questa indagine documenta l’associazione tra le RSA dove si sono registrati maggiormente eventi avversi (incidenti, azioni conflittuali, aggressioni, cadute, ecc.) e il maggior uso di psicofarmaci e di mezzi di contenzione fisica nonché il maggiore ricorso all’ospedalizzazione per una sintomatologia simil-influenzale.

Si sottolinea che questa associazione non ha alcun significato nel valutare un nesso di causa-effetto che richiede un tipo di studio di epidemiologia analitica.

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L’insieme di queste evidenze documenta la necessità di intervenire per la prevenzione della diffusione del virus nelle strutture semiresidenziali e residenziali dove la presenza delle persone con demenza è consistente. A tal riguardo la Legge del 17 luglio del 2020 (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.180 del 18 luglio 2020 – Suppl. Ordinario n. 25) prevede l’attivazione in tutte le regioni di un sistema di sorveglianza per il COVID-19 per tutte le tipologie di RSA. In particolare, al Titolo 1 “Salute e Sicurezza”, l’art. 1 recita:

“Le regioni e le province autonome organizzano inoltre le attività di sorveglianza attiva e di monitoraggio presso le residenze sanitarie assistite e le altre RSA, anche garantendo la collaborazione e la consulenza di medici specialisti in relazione alle esigenze di salute delle persone assistite, con le risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.

Inoltre all’art. 1-ter sono previste “Linee guida per la gestione dell’emergenza epidemiologica presso le strutture per anziani, persone con disabilità e altri soggetti in condizione di fragilità”.

È previsto al comma 1 dell’art. 1-ter che:

“Entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Comitato tecnico-scientifico di cui all’Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 630 del 3 febbraio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2020, adotta linee guida per la prevenzione, il monitoraggio e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 presso le residenze sanitarie assistite e le altre strutture pubbliche e private, accreditate, convenzionate e non convenzionate, comunque denominate dalle normative regionali, che durante l’emergenza erogano prestazioni di carattere sanitario, socio-sanitario, riabilitativo, socio-educativo, socio- occupazionale o socioassistenziale per anziani, persone con disabilità, minori, persone affette da tossicodipendenza o altri soggetti in condizione di fragilità.

Infine le linee guida di cui al comma 1 sono adottate nel rispetto dei seguenti princìpi:

  1. a)  garantire la sicurezza e il benessere psico-fisico delle persone ospitate o ricoverate presso le strutture di cui al comma 1;
  2. b)  garantire la sicurezza di tutto il personale, sanitario e non sanitario, impiegato presso le strutture di cui al comma 1, anche attraverso la fornitura di dispositivi medici e DPI idonei a prevenire il rischio di contagio;
  3. c)  prevedere protocolli specifici per la tempestiva diagnosi dei contagi e per l’attuazione delle conseguenti misure di contenimento;
  4. d)  disciplinare le misure di igiene fondamentali alle quali il personale in servizio è obbligato ad attenersi;
  5. e)  prevedere protocolli specifici per la sanificazione periodica degli ambienti”.

Infine “Le strutture di cui al comma 1 sono equiparate ai presìdi ospedalieri ai fini dell’accesso, con massima priorità, alle forniture dei DPI e di ogni altro dispositivo o strumento utile alla gestione e al contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Per quanto riguarda l’assistenza alle persone con demenza nel contesto semiresidenziale e residenziale va richiamato quanto definito dal DPCM del 13 ottobre 2020 (art. 10 comma 1 e 2):

“Le attività sociali e socio-sanitarie erogate dietro autorizzazione o in convenzione, comprese quelle erogate all’interno o da parte di centri semiresidenziali per persone con disabilità, qualunque sia la loro denominazione, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario vengono svolte secondo piani territoriali, adottati dalle Regioni, assicurando attraverso eventuali specifici protocolli il rispetto delle disposizioni per la prevenzione dal contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori.”

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Nella stesura dei Piani territoriali da parte delle Regioni, particolare attenzione dovrà essere posta nel favorire la riapertura dei Centri Diurni e, per le RSA, le visite dei familiari e i rientri in famiglia. Inoltre, appare fondamentale prevedere che il personale, i residenti, e gli ospiti debbano essere testati per escludere possibili casi asintomatici ed evitare la diffusione di SARS-CoV-2 nelle strutture.

3.2. Identificare il referente COVID-19 e garantire il coordinamento

In ogni struttura semiresidenziale (es. Centro Diurno) e residenziale (es. RSA), deve essere individuato un referente (e/o un gruppo operativo) per la prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza e specificatamente per COVID-19 adeguatamente formato e preparato. Come definito dal Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2020 Rev. 2 sulle “Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali”, tale figura opererà in stretto contatto con le autorità sanitarie locali (si raccomanda di seguire i Corsi FAD dell’ISS sulla piattaforma EDUISS e di fare riferimento a documenti sulla prevenzione e controllo di COVID-19 dell’ISS). Il referente deve collaborare con il medico competente e i referenti del rischio clinico e del rischio infettivo dell’azienda sanitaria di riferimento e agire in sinergia con la funzione di risk management, anche ai fini dell’utilizzo di metodi e strumenti di gestione del rischio sanitario come, ad esempio per la valutazione del grado di instabilità clinica (es NEWS-2).

Il referente individuato deve garantire il coordinamento di tutti gli interventi nella struttura e “garantire un flusso informativo efficace e i rapporti con gli Enti e le Strutture di riferimento (Dipartimento di Prevenzione, Distretti e Aziende Sanitarie), pianificare e monitorare le soluzioni organizzative appropriate e sostenibili, garantire le misure igienico-sanitarie e la sanificazione degli ambienti specifici”

Tale referente COVID-19 deve essere una figura sanitaria, presente nella struttura, appositamente dedicata alla funzione di coordinamento in caso di necessità (Direttore sanitario, Coordinatore infermieristico, Medico della struttura), dovrebbe aver effettuato il corso per referente del rischio clinico e avere competenze nella gestione e organizzazione delle attività in caso di eventi infettivi a carattere epidemico all’interno della struttura. Deve inoltre essere una persona che conosca bene il luogo di cura, le sue problematicità in base alla tipologia di pazienti e che, come già detto, sia presente nella struttura in modo da osservare, prevenire e gestire le criticità in tempo reale.

La nomina del referente COVID-19 nelle strutture semiresidenziali dovrebbe facilitare la riapertura di questi servizi secondo quanto previsto dal DPCM del 26 aprile 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del Decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale” che, all’art. 8, dispone che:

“Le attività sociali e socio-sanitarie erogate dietro autorizzazione o in convenzione, comprese quelle erogate all’interno o da parte di centri semiresidenziali per persone con disabilità, qualunque sia la loro denominazione, a carattere socioassistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario vengono riattivate secondo piani territoriali, adottati dalle Regioni, assicurando attraverso eventuali specifici protocolli il rispetto delle disposizioni per la prevenzione dal contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori”.

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3.3. Garantire il benessere psicosociale dei residenti
e degli operatori: riorganizzazione del servizio, adattamenti organizzativi strutturali e riprogrammazione delle attività

3.3.1. Strutture semiresidenziali

In ottemperanza al DPCM del 13 ottobre 2020 (art. 10 comma 1) i piani territoriali, adottati dalle singole Regioni, dovrebbero prevedere che gli utenti frequentino il Centro Diurno in maniera contingentata. Per ognuno di loro dovrebbe essere previsto una Rimodulazione del Piano Assistenziale Individualizzato (PAI) elaborato dal team della struttura in accordo con l’utente.

Nel verificare nuovamente i singoli Piani Assistenziali Individuali (PAI) è necessario che venga effettuata una rivalutazione dei bisogni sanitari/riabilitativi e di stimolazione cognitiva e di mantenimento delle capacità residue dei pazienti, nonché identificare le prestazioni da erogare in presenza dell’utente e quelle da somministrare in remoto o a domicilio. È dunque possibile integrare/sostituire le prestazioni presso i servizi con accessi domiciliari, possibilmente mediante équipe dedicata, o da remoto con modalità che garantiscano comunque l’efficacia dell’intervento.

La rimodulazione è frutto dunque di una scrupolosa valutazione delle caratteristiche clinico- psicopatologiche e di contesto (fragilità dei pazienti e situazione familiare) che si formula mediante un triage telefonico con conseguente discussione e confronto di tutto lo staff terapeutico. La riorganizzazione delle attività deve poter garantire contemporaneamente la massima continuità e supporto alle persone con demenza e alle loro famiglie e il minimo rischio di diffusione del COVID-19 per utenti, familiari e operatori.

Lo svolgimento dell’attività in presenza richiede la scrupolosa osservanza da parte degli operatori delle norme di igiene e profilassi. Al momento, la soluzione più percorribile per permettere ai Centri Diurni di rimanere aperti o di riaprire, è quella di lavorare con micro-gruppi, la cui numerosità è calibrata anche in base alla gravità del profilo di decadimento/malattia.

Nel caso in cui le strutture socio-sanitarie che erogano i servizi semiresidenziali siano dotate anche di aree e servizi residenziali o socio-residenziali è indispensabile che gli accessi e gli spazi siano fisicamente e funzionalmente separati.

a. Riorganizzazione del servizio

La riorganizzazione del servizio deve tenere conto dei seguenti elementi:

  •   Tutti gli operatori, interni ed esterni, sono tenuti ad effettuare il monitoraggio della temperatura corporea prima dell’inizio del turno lavorativo. Qualora venga rilevata una temperatura corporea > 37,5°C o altre sintomatologie pertinenti al COVID-19, è fatto divieto accedere in struttura e iniziare il turno lavorativo.
  •   L’attività di triage per gli utenti va potenziata attraverso l’alleanza medico/caregiver: il familiare deve comunicare prima dell’accesso al Centro l’insorgenza di sintomi (febbre, tosse, difficoltà respiratorie, anosmia, ageusia, ecc.) sia del soggetto che di altri conviventi.
  •   La riduzione del numero degli utenti al giorno va modulata in base sia alle caratteristiche strutturali del Centro che alla possibilità di trasporto da casa al Centro e viceversa, al fine di mantenere attive le misure di prevenzione.
  •   In base alle caratteristiche degli utenti può essere prevista la loro presenza a rotazione per favorire la partecipazione alle attività per un maggior numero di persone con un ampliamento delle fasce orarie di apertura.

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  •   Si può quindi anche prevedere l’organizzazione degli utenti in due turni giornalieri (mattina e pomeriggio) secondo le preferenze manifestate dai familiari.
  •   Va garantita l’organizzazione degli utenti in micro gruppi, con possibilità di svolgere le attività per tutta la giornata, anche se con frequenza non giornaliera.
  •   Si può prevedere la presenza dell’utente, ad esempio, a giorni alterni o solo alcuni giorni nell’arco della settimana, ma con almeno un minimo di presenza di due volte alla settimana; nei giorni in cui il paziente non accede al Centro, sono previsti accessi domiciliari, eventualmente integrati da prestazioni da remoto, che consentano il perseguimento degli obiettivi del piano assistenziale.
  •   Il Centro può prevedere la presenza contemporanea, nello stesso ambiente, di un numero di utenti tale da consentire il mantenimento del distanziamento sociale, come da indicazioni normative vigenti; gli utenti dovranno essere suddivisi in piccoli gruppi composti sempre dagli stessi soggetti, possibilmente seguiti dagli stessi operatori, con registrazione quotidiana degli accessi, anche su supporto informatico.
  •   Qualora la situazione clinica e la presenza di disturbi del comportamento non rendesse percorribile l’uso di DPI da parte dell’/degli utente/i, essi, anche in ragione del piccolo gruppo, potranno non indossare i DPI previsti dalla normativa, fermo restando l’utilizzo degli stessi (anche maschera facciale) da parte degli operatori.
  •   In accordo con la già citata rimodulazione del PAI, gli utenti che fisicamente non frequentano il Centro Diurno verranno seguiti a distanza, con contatti telefonici, videochiamate o attività cognitive da remoto (videoconferenza) al fine di garantire la continuità assistenziale in atto. Ciò avviene contestualmente allo svolgimento delle attività all’interno del Centro Diurno, con un operatore che si dedica a fornire prestazioni assistenziali da remoto.
  1. Adattamenti organizzativi strutturali

    Per quanto riguarda interventi più mirati sull’ambiente, occorre prevedere:

    •   all’interno del Centro Diurno, come da consueta organizzazione, gli utenti sono suddivisi in aree in base al loro grado di decadimento cognitivo. In accordo con i protocolli di sicurezza e prevenzione dal contagio, essi sono distanziati grazie alla disposizione di sedie e tavoli distanziati di almeno un metro;
    •   la messa a disposizione di prodotti per l’igiene delle mani e delle mascherine monouso per gli utenti;
    •   mantenimento degli ambienti e delle aree di lavoro libere e ordinate in modo da consentire una più

      accurata igienizzazione;

    •   sanificazione dell’ambiente dell’utente e di eventuali oggetti condivisi tra gli ospiti per assistenza o riabilitazione o per attività sociali;
    •   la struttura deve essere periodicamente sottoposta a sanificazione, areazione dei locali, gestione corretta degli impianti di climatizzazione. In particolare si specifica che l’intero edificio deve essere sanificato con soluzioni idroalcoliche in più momenti della giornata, almeno all’apertura e alla chiusura di ciascun turno, qualora sia prevista presenza diversificata.
  2. Riprogrammazione delle attività

    Di seguito una serie di raccomandazioni per una più sicura ed efficace riprogrammazione delle attività:

     Dovrà essere effettuato un preliminare triage telefonico e un triage in presenza prima dell’ingresso in struttura, per ogni ospite candidato alla frequenza giornaliera, con valutazione ai fini

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dell’identificazione immediata dei sintomi caratteristici, rilevazione della temperatura con termometri a rilevazione senza contatto, somministrazione di un breve questionario sui sintomi del COVID-19, da allegare alla documentazione.

  •   All’ingresso al Centro l’utente effettua la sanificazione delle mani, indossa la mascherina chirurgica qualora non presenti particolare criticità in relazione al disturbo cognitivo/comportamentale.
  •   L’accompagnatore dovrà sostare presso il Centro il minor tempo possibile e in ogni caso dovrà essere identificato e sottoposto al triage. Qualora venga rilevata una temperatura corporea > 37,5°C o altre sintomatologie collegabili al virus, viene vietato l’accesso in struttura sia all’accompagnatore che al paziente.
  •   Quando tutti gli utenti sono giunti in struttura, la giornata comincia con un primo momento di accoglienza e condivisione, anche accompagnata da aspetti conviviali quali, ad esempio, la colazione in sicurezza. Contestualmente viene presentata la giornata, elencando il giorno e il mese in cui ci si trova.
  •   Prima dell’inizio delle attività riabilitative vengono organizzate attività di animazione e attività socio- educative in piccoli gruppi al fine di formare e informare gli utenti sull’emergenza sanitaria in corso, sulla natura del virus, le modalità di trasmissione, le norme igienico-sanitarie da osservare, e tutti i comportamenti (es. strette di mano o abbracci) che devono necessariamente evitare di tenere. Questo lavoro di psicoeducazione è favorito e coadiuvato da poster affissi all’interno del Centro nonché da supporti audio-visivi.
  •   Le attività di animazione, terapia occupazionale, riabilitazione cognitiva e attività motoria devono essere svolti in gruppi poco numerosi, in spazi ampi e arieggiati o all’aperto, cercando di favorire il mantenimento della distanza sociale di sicurezza secondo le normative vigenti. Nelle attività cognitive e fisioterapiche quotidiane, vengono privilegiati esercizi che non prevedano lo scambio di oggetti con altri utenti o l’utilizzo di materiale potenzialmente veicolo di trasmissione del virus.
  •   Al termine di ogni attività, agli utenti vengono sanificate nuovamente le mani mediante dispenser di soluzione idroalcolica (questi ultimi presenti in ogni area della struttura).
  •   La sanificazione delle mani degli utenti deve essere effettuata più volte durante la permanenza al Centro.

    Particolare attenzione dovrà essere dedicata all’igiene delle mani secondo i seguenti 5 momenti raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO):

    1. Prima del contatto con il paziente
    2. Immediatamente prima di qualsiasi manovra asettica
    3. Dopo esposizione ad un liquido biologico o dopo aver rimosso i guanti
    4. Dopo il contatto con il paziente o subito dopo essere usciti dalla stanza
    5. Dopo il contatto con qualsiasi oggetto nelle immediate vicinanze di un paziente.

  •   Durante gli spostamenti gli utenti devono essere accompagnati singolarmente.
  •   Per la gestione dei pasti dovranno essere messe in atto misure che consentano di ridurre al minimo la compresenza degli utenti nei locali adibiti a mensa, prevedendo una turnazione degli utenti, una adeguata areazione dei locali, una corretta sanificazione degli ambienti prima di ogni turno di accesso. È necessario che sia effettuata la pulizia/disinfezione dei tavoli dopo ogni singolo pasto. Prima del pranzo gli utenti si lavano accuratamente le mani e vengono poi distribuiti ai tavoli in numero adeguato al fine di rispettare le distanze individuali. Devono preferibilmente essere utilizzare posate, piatti e bicchieri monouso. L’operatore deve indossare appropriati DPI per la protezione respiratoria e oculare nell’assistere utenti che hanno necessità di aiuto. È opportuno controllare

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attentamente che non si verifichino comportamenti quali gli scambi di cibo o di posate e stoviglie durante i pasti. Se non possono essere messe in atto tutte le misure di prevenzione, i servizi mensa non saranno effettuati. Si raccomanda particolare attenzione nella valutazione del fabbisogno nutrizionale dei singoli pazienti per prevenire il realizzarsi di quadri di malnutrizione, collegati a loro volta al rischio di esiti sfavorevoli in caso di contagio.

  •   In diversi momenti della giornata gli utenti vengono accompagnati in bagno dagli operatori socio- sanitari.
  •   Massima attenzione viene prestata alle norme igienico-sanitarie osservando l’obbligo, mantenuto in tutta la giornata, degli operatori di indossare tutti i DPI necessari. Dopo pranzo gli utenti vengono coadiuvati nella loro igiene orale seguendo tutti i protocolli di sicurezza.
  •   Quando, a fronte di una tipologia di utenza con elevata complessità assistenziale, sia impossibile il lavoro in gruppo si dovrà adottare una modalità di interazione ospite-operatore in rapporto di 1:1.
  •   Prima di tornare a casa, agli utenti, sia che usufruiscano del mezzo aziendale sia che vengano accompagnati da rispettivi caregiver, viene nuovamente misurata la temperatura debitamente annotata in appositi registri.

    d. CaratteristichedelServizioadistanzaperpazientiefamiliari

    Ove le condizioni lo permettano il Servizio potrebbe offrire anche le seguenti prestazioni:

    •   creazione di un “Centro Diurno virtuale” mediante la partecipazione ad un apposito gruppo online (sul modello WhatsApp), che vede la partecipazione di familiari e operatori (alla partecipazione a tale servizio si fa precedere una fase di richiesta del consenso);
    •   semplificazione e facilitazione dell’accesso a servizi di supporto e assistenza presenti in ogni Comune di appartenenza;
    •   consulenza psicologica rivolta al paziente e a tutti i membri del nucleo familiare al fine di:
      • –  supportare psicologicamente gli Utenti,
      • –  incrementare strategie di gestione dello stress e di coping,
      • –  contrastare l’isolamento sociale,
      • –  ripristinare/mantenere uno stato di benessere globale;
    •   consulenza medico-specialistica al fine di:
      • –  monitorare lo stato di salute dei pazienti e del nucleo familiare,
      • –  elargire suggerimenti farmacologici-terapeutici in maniera tempestiva e personalizzata;
    •   consulenza fisioterapica ed educativa volta a contrastare i risvolti fisiopatologici legati all’evoluzione ingravescente della patologia neurodegenerativa;
    •   consulenza nutrizionale volta in modo particolare a:
      • –  proseguire un’alimentazione sana e adattata a specifiche e personalizzate esigenze,
      • –  fornire un menù settimanale che faciliti sia l’aspetto organizzativo (legato al reperimento degli alimenti) che un adeguato e vario apporto calorico giornaliero,
      • –  fornire mediante appositi contributi video/audio, esempi di ricette semplici, attuabili anche da caregiver non sempre predisposti all’attività culinaria in ambiente domiciliare;

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  •   consulenza assistenziale legata in modo specifico alla stimolazione, nelle persone affette da fragilità, delle proprie autonomie di base in modo che possano mantenerle nel più lungo tempo possibile;
  •   consulenza tecnologico-informatica mirata in modo specifico a “guidare” familiari e utenti nell’utilizzo di applicazioni e strumenti informatici per favorire la comunicazione all’esterno e il mantenimento della rete sociale attiva virtuale;
  •   aiuto a distanza rivolto alle assistenti domiciliari alla persona (dietro esplicita richiesta dei familiari), in modo da poterle supportare nelle pratiche assistenziali quotidiane.

    Si precisa a tal riguardo che queste prestazioni sono offerte telefonicamente (predisponendo un apposito numero telefonico quotidianamente attivo per qualunque tipo di necessità), mediante videochiamate e mediante appositi tutorial, preparati ad esempio per le attività fisioterapiche ed educative, volti a mostrare ad ogni familiare le migliori condizioni di esecuzione dell’esercizio proposto.

e. Prestazioni individuali domiciliari

Nel Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID- 19” è previsto, agli artt. 47 e 48, che:

“durante la sospensione delle attività socio-sanitarie e socioassistenziali nei Centri Diurni per anziani e per persone con disabilità; laddove disposta con ordinanze regionali o in altri provvedimenti, considerata l’emergenza di protezione civile e il conseguente stato di necessità, le pubbliche amministrazioni forniscono, avvalendosi del personale disponibile, già impiegato in tali servizi, dipendente da soggetti privati che operano in convenzione, concessione o appalto, prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza o resi nel rispetto delle direttive sanitarie negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi senza ricreare aggregazione”.

Le prestazioni domiciliari sono erogate garantendo la fornitura agli operatori sanitari e socio-sanitari dei DPI. La durata delle attività dei Centri Diurni rese in modalità alternativa alla frequenza presso la struttura è da prevedersi per tutto il periodo di emergenza COVID-19 e comunque fino a ulteriori disposizioni di ripresa delle attività nella modalità tradizionale.

3.3.2. Strutture residenziali (RSA con persone con Demenza)
In accordo al DPCM del 13 ottobre 2020 le attività socio-sanitarie delle strutture residenziali vengono

svolte secondo piani territoriali, adottati dalle Regioni.

a. Riorganizzazione del servizio

Anche per il contesto residenziale occorre prevedere azioni mirate alla riorganizzazione del servizio e dell’offerta assistenziale. Nello specifico:

  •   Le RSA devono effettuare una sorveglianza periodica dello stato di salute del loro personale (sintomi respiratori e/o febbre > 37,5°C, e/o affaticamento respiratorio e/o altri sintomi simil-influenzali inclusa diarrea). Nel caso in cui un operatore presenti tali sintomi, deve avvisare immediatamente il referente ed evitare di recarsi al lavoro, fino a diversa indicazione del referente e del proprio medico di medicina generale/delle autorità sanitarie, che andranno tempestivamente informati;
  •   va esplicitata la definizione dei criteri per suddividere la struttura in aree operative separate (un nucleo o reparto, un piano anche con barriere fisiche mobili) assegnando a ciascuna area operativa

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un numero di operatori esclusivamente dedicati all’assistenza agli ospiti degenti nell’area con l’obiettivo di circoscrivere la diffusione dell’infezione;

  •   l’aggiornamento dei piani di continuità operativa è fondamentale nel caso in cui i membri del personale si dovessero ammalare o auto isolarsi perché sintomatici;
  •   va assicurato il monitoraggio delle fonti informative di salute pubblica locali, regionali e nazionali per conoscere l’evoluzione dell’epidemia nel proprio territorio;
  •   occorre mantenere elevata la sorveglianza clinica sui residenti, anche misurando la temperatura corporea più volte al giorno;
  •   le persone con disturbo comportamentale o con necessità di supporto, possono non indossare la mascherina chirurgica e ridurre il distanziamento sociale con l’operatore di assistenza, che deve però usare appropriati DPI per la protezione respiratoria e oculare (DPCM del 13 ottobre 2020);
  •   l’utilizzo di appropriati DPI è un importante fattore di protezione della salute dell’operatore e di riduzione del rischio di contagio per tutto il contesto residenziale. Tali dispositivi devono essere indossati sia mentre si svolgono attività con i residenti sia in presenza di utenti non impegnati in attività o altri operatori;
  •   occorre definire le modalità e gli strumenti necessari per garantire la continuità e la frequenza della comunicazione tra ospiti e familiari qualora questi ultimi non possano accedere alla struttura;
  •   al fine di limitare le visite a quelle strettamente necessarie e di tenere aggiornati i familiari/amministratori di sostegno sullo stato di salute del proprio caro/assistito per garantire il perdurare del legame parentale/amicale le comunicazioni con tali figure dovrebbero essere molto frequenti cercando anche di tenere conto delle modalità comunicative preferite dagli utenti/famiglia;
  •   per ridurre ulteriori rischi è necessario aumentare la frequenza della sanificazione delle stanze e la pulizia degli ambienti di vita, con particolare attenzione alle zone di contatto (maniglie, pulsantiere, tavoli, corrimano, e comunque tutte le superfici di possibile contatto);
  •   prestare attenzione alla sanificazione di eventuali oggetti condivisi tra gli ospiti per assistenza o riabilitazione o per attività sociali;
  •   disinfettare con alcol etilico al 70% i dispositivi di cura o attrezzature utilizzati per più residenti (es. gli stetoscopi), soprattutto nel passaggio da a un residente ad un altro;
  •   prevedere il mantenimento degli ambienti e delle aree di lavoro libere e ordinate in modo da consentire una più accurata igienizzazione.

b. Adattamenti organizzativi strutturali

In accordo con il Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2020 Rev. 2 “Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali socio-sanitarie e socioassistenziali” le strutture devono identificare aree di isolamento con “stanze di isolamento singole con bagno dedicato e, possibilmente, con anticamera”. Tali “aree di isolamento devono essere il più possibile individuate secondo un criterio di progressione in rapporto alla gravità e al rischio diffusivo dell’infezione:

 residenti sani e residenti negativi senza contatti a rischio;
 contatti a rischio che hanno eseguito il tampone che è risultato negativo;  residenti sintomatici con sospetto di infezione;
 residenti con tampone positivo asintomatici o paucisintomatici;
 residenti con tampone positivo e sintomatici.

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Per ciascun gruppo vanno previste aree di residenza con ingressi distinti, se possibile. In ogni caso va disposto il cambio dei dispositivi e DPI per ogni cambio o attraversamento di area”.

È opportuno evitare il più possibile percorsi comuni, sia per il personale sia per i materiali, da e per le aree di isolamento; in particolare vanno identificati e tenuti separati i seguenti percorsi:

  •   percorsi pulito-sporco (se possibile, a senso unico);
  •   percorsi di fornitura materiali (farmaci, presidi, biancheria);
  •   percorsi del servizio ristorazione soprattutto per quanto riguarda il riassetto postprandiale (privilegiando materiali monouso);
  •   percorsi per l’eliminazione dei rifiuti (speciali e non-speciali), con definizione di apposito protocollo, inclusa la disponibilità di contenitori vicino all’uscita all’interno della stanza del residente per scartare i dispositivi e DPI monouso qualora fosse necessario;
  •   percorsi di servizio per le celle mortuarie;
  •   percorsi di accesso per il personale dedicato, con identificazione di un punto fisico separato da quello delle altre aree o comunque, prevedendo che l’accesso alle aree di isolamento disponga di uno spazio spogliatoio per indossare (in entrata) e per togliere (in uscita) i dispositivi e DPI in sicurezza e per effettuare un’accurata igiene.

    I presìdi e dispositivi medici/sanitari utilizzati (inclusi visiere, occhiali) devono essere sottoposti ad appropriato trattamento di disinfezione prima di immagazzinarli, riconsegnarli o eliminarli;

    •   è indispensabile fornire al personale le indicazioni necessarie per il corretto approccio all’assistenza dell’ospite infetto, all’utilizzo dei dispositivi e DPI e dei comportamenti da seguire, incluso minimizzare l’uso di procedure o tecniche che potrebbero produrre aerosol infettivo;
    •   fornire ai medici curanti e/o ad ogni altro eventuale professionista identiche indicazioni in ordine alla riorganizzazione per aree separate e all’utilizzo dei dispostivi e DPI;
    •   procedere all’individuazione di un’area della struttura (ad esempio un nucleo o un piano) separata e possibilmente dotata di propria porta di accesso che possa rimanere chiusa, da adibire all’isolamento degli ospiti nel caso dovessero presentarsi contemporaneamente più casi sospetti, probabili o confermati COVID-19.

      Nel caso di pazienti con wandering e COVID-19 devono essere garantiti nella struttura spazi sicuri nel rispetto delle norme di prevenzione e controllo delle infezioni, evitando il ricorso a mezzi di contenzione fisica.

c. Riprogrammazione delle attività

La corretta riprogrammazione deve tenere conto di una serie di azioni che vengono di seguito esplicitate.

  •   le attività di animazione, terapia occupazionale, riabilitazione cognitiva e attività motoria devono essere svolte in gruppi poco numerosi in spazi ampi e arieggiati, o all’aperto quando possibile, cercando di favorire il mantenimento della distanza individuale di sicurezza;
  •   va promossa l’attività fisica dei residenti e le uscite all’interno del perimetro della struttura laddove siano presenti cortili, giardini, o comunque aree esterne all’edificio. La raccomandazione si applica in particolare alle persone affette da demenza che presentano vagabondaggio/wandering;
  •   in caso di riduzione delle attività riabilitative, il personale sanitario dovrà definire tempestivamente un programma alternativo di assistenza, generale e individualizzato per singolo ospite;
  •   la sanificazione delle mani degli utenti deve essere effettuata più volte durante le attività proposte; 32

 durante i pasti deve essere mantenuto adeguato distanziamento, eventualmente organizzando più turni. Devono preferibilmente essere utilizzare posate, piatti e bicchieri monouso oppure applicate procedure che garantiscano adeguata igienizzazione delle stoviglie riutilizzabili. È opportuno controllare attentamente che non si verifichino comportamenti quali gli scambi di cibo o di posate e stoviglie durante i pasti. Si raccomanda particolare attenzione nella valutazione del fabbisogno nutrizionale dei singoli pazienti per prevenire il realizzarsi di quadri di malnutrizione, collegati a loro volta al rischio di esiti sfavorevoli in caso di contagio.

In una struttura residenziale la “giornata” tipo va distinta per aree:

 verde (zona covid-free),

 grigia (per i residenti sospetti)

 rossa (per residenti contagiati).

Nell’area verde si trovano residenti sani e senza contatti a rischio, nell’area grigia residenti a rischio e con sospetto di infezione, nell’area rossa residenti positivi al tampone.

La difficoltà di organizzare attività di gruppo e motivanti comporta modifiche nella routine quotidiana, innanzi tutto valorizzando i momenti di assistenza e aiuto come “attività” in cui coinvolgere il più possibile il residente/paziente (Allegato al capitolo lo “Schema di una giornata tipo di una struttura residenziale”).

Per quanto riguarda specificamente la notte, vi sono evidenze che dimostrano che rimboccare le coperte riduce i disturbi del sonno. Occorre inoltre favorire l’eliminazione di tutti i rumori notturni (scarpe del personale, tono di voce, allarmi, telefoni, apertura/chiusura porte). La sorveglianza attiva, entrando in stanza, va ridotta al minimo, utilizzando tecnologie di sorveglianza a distanza (es: interruttori volumetrici che registrano eventuali movimenti nella stanza, telecamere a infrarossi attivabili a distanza).

Si deve infine prevedere e programmare un tempo specifico da dedicare alle videochiamate, la cui frequenza è di solito concordata con la famiglia: l’esperienza si è rivelata positiva se ben gestita. Anche il famigliare va preparato cercando di evitare presenze multiple, parlare distaccando bene le parole, non urlare, non introdursi con domande, dare sempre riferimenti a elementi identificativi o in qualche modo condivisi, dare chiari messaggi di congedo. In generale il tablet risulta più efficace rispetto allo smartphone.

3.4. Gestione in sicurezza delle attività di gruppo e inclusive

Con l’obiettivo di continuare a svolgere attività di gruppo e inclusive si raccomanda di garantire che accompagnatori e operatori assistenziali utilizzino appropriati DPI per la protezione respiratoria e oculare, che consentiranno agli ospiti con demenza e particolare difficoltà di non indossare la mascherina e ridurre il distanziamento fisico.

Tale raccomandazione risulta in accordo con una serie di documenti ufficiali che è opportuno richiamare:

  1. a)  il DPCM dell’11 giugno 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del Decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”;
  2. b)  il Decreto-legge del 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 “ che all’art. 9, comma 2, prevede che “Le persone con disabilità motorie o con disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettiva o sensoriale o problematiche psichiatriche e comportamentali o non autosufficienti con necessità di supporto, possono ridurre il distanziamento sociale con i propri accompagnatori o operatori di assistenza, operanti a qualsiasi titolo, al di sotto della distanza prevista”;

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c) l’art. 3 del DPCM del 26 aprile 2020 che prevede al comma 2 che “Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, è fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di usare protezioni delle vie respiratorie nei luoghi chiusi accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza. Non sono soggetti all’obbligo i bambini al di sotto dei sei anni, nonché i soggetti con forme di disabilità non compatibili con l’uso continuativo della mascherina ovvero i soggetti che interagiscono con i predetti”;

  1. d)  ilRapportoISSCOVID-19n.4/2020Rev.2“Indicazioniadinterimperlaprevenzioneeilcontrollo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali socio-sanitarie e socioassistenziali” che prevede che “Le persone con disabilità motorie o con disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettiva o sensoriale o problematiche psichiatriche e comportamentali o non autosufficienti con necessità di supporto, possono non indossare la mascherina e ridurre il distanziamento sociale con i propri accompagnatori o operatori di assistenza che devono però usare appropriati DPI per la protezione respiratoria e oculare”;
  2. e)  l’art 10 comma 2 del DPCM del 13 ottobre 2020 prevede che “Le persone con disabilità motorie o con disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettiva o sensoriale o problematiche psichiatriche e comportamentali o non autosufficienti con necessità di supporto, possono ridurre il distanziamento sociale con i propri accompagnatori o operatori di assistenza, operanti a qualsiasi titolo, al di sotto della distanza prevista”.

Comunque, per la persona con demenza, l’uso della mascherina dovrà essere valutato caso per caso in relazione alla tollerabilità o meno del dispositivo e alle situazioni di maggior rischio.

Nel caso dei residenti con demenza, nell’impossibilità di intervenire tempestivamente per evitare il contatto delle mani con bocca, naso e occhi, è bene istituire dei momenti specifici della giornata, vari e cadenzati, in cui gli operatori, animatori, educatori li aiutino a lavare viso e mani.

3.5. Sorveglianza attiva e identificazione precoce di casi sospetti di COVID-19 tra ospiti e operatori

In accordo al Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2020 Rev. 2 “Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali socio-sanitarie e socioassistenziali”, il personale e i residenti, in base alla situazione epidemiologica e alla valutazione del rischio, devono essere testati, per escludere possibili casi asintomatici ed evitare la diffusione di SARS-CoV-2 nelle strutture. Il tampone deve essere ripetuto periodicamente secondo le disposizioni delle Autorità Regionali (generalmente per tutti, operatori e residenti, ogni due mesi o dopo un mese se si tratta di soggetto ex positivo) predisponendo un sistema di monitoraggio attivo.

È opportuno prendere accordi con il dipartimento di prevenzione competente per mettere a punto una eventuale strategia di screening per gli operatori delle RSA, in accordo con quanto previsto dalla circolare del Ministero della Salute del 3 aprile 2020 “Pandemia di COVID-19 Aggiornamento delle indicazioni sui test diagnostici e sui criteri da adottare nella determinazione delle priorità. Aggiornamento delle indicazioni relative alla diagnosi di laboratorio” e da quella del 29 maggio 2020 ‘Ricerca e gestione dei contatti di casi COVID-19 (contact tracing) e app IMMUNI’.

Nel valutare il sospetto di COVID-19 la valutazione clinica assume un ruolo rilevante e deve essere mirata ad evidenziare la presenza di manifestazioni tipiche o atipiche di malattia.

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Le manifestazioni tipiche del COVID-19 comprendono:

 febbre o brividi;
 tosse secca;
 affaticamento/astenia;
 produzione di espettorato;
 dispnea (sensazione o evidenza di “fame d’aria”, “affanno”);
 mal di gola;
 mal di testa;
 dolori muscolari e/o articolari;
 diarrea;
 nausea e/o vomito;
 attenuazione/perdita del senso del gusto e/o dell’olfatto;
 meno frequenti: congiuntivite, manifestazioni cutanee (orticaria, petecchie).

Nelle persone con demenza, il COVID-19 può tuttavia esordire con delle manifestazioni considerate atipiche nella popolazione generale, per lo più consistenti nella modificazione o nell’improvviso peggioramento di alcuni sintomi/segni della patologia di base o nell’insorgenza repentina di alterazioni psichiche e/o dello stato di coscienza. La conoscenza e la capacità di riconoscere tali manifestazioni è essenziale per favorire la diagnosi tempestiva dell’infezione da SARS-CoV-2 in questa categoria di persone:

  •   agitazione psicomotoria, irrequietezza;
  •   confusione;
  •   fluttuazioni/alterazioni dello stato di coscienza;
  •   sopore;
  •   estraniamento, diminuzione della responsività agli stimoli ambientali;
  •   peggioramento di preesistenti disturbi comportamentali (es. apatia, depressione, irritabilità, agitazione/aggressività, comportamento oppositivo, wandering/vagabondaggio);
  •   anoressia;
  •   cadute;
  •   debolezza generalizzata;
  •   peggioramento dei livelli di autonomia funzionale.

    3.5.1. Evoluzione critica

    Qualora comparissero i seguenti sintomi e/o segni clinici di allarme è invece necessario attivare tempestivamente i servizi di emergenza sanitaria (118, PS):

     difficoltà respiratoria;
     dolore o oppressione a livello toracico;
     difficoltà/impossibilità ad essere risvegliati;  cianosi del volto (viso o labbra bluastre).

    Inoltre, ai fini di una tempestiva identificazione di casi a rischio di rapido peggioramento clinico, può essere utile monitorare regolarmente i seguenti parametri clinici:

     temperatura corporea: deve essere inferiore a 37,5°; 35

 frequenza respiratoria: si valuta mettendo una mano sul torace della persona e contando gli atti respiratori in sequenza, deve essere inferiore a 21 atti al minuto;

 saturazione di ossigeno: deve essere superiore a 90.
In caso di nuova positivizzazione, tutti i residenti del nucleo e il personale si attengono a quanto previsto

dalla Circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020.

Particolare attenzione deve essere posta alla possibile insorgenza di una sindrome da deprivazione sensoriale ambientale che rischia di vanificare ogni tentativo di ripresa di chi è stato contagiato. Il confinamento in camera rischia di far perdere ogni punto di riferimento al paziente già disorientato, assistito da personale “senza volto”, mascherato dai DPI, con perdita della quotidianità e della routine giornaliera, con ogni contatto ridotto al minimo, con la riduzione delle attività assistenziali alla persona, il tutto aggravato dalla sintomatologia dell’infezione.

Si raccomanda altresì di prevedere modalità di aggiornamento coerenti con le condizioni cliniche del paziente al fine di evitare ricoveri in setting inappropriati.

Giova ripetere che il personale, i residenti, e gli ospiti, in base alla situazione epidemiologica e alla valutazione del rischio, devono essere testati, per escludere possibili casi asintomatici ed evitare la diffusione di SARS-CoV-2 nelle strutture.

3.6. Nuovi ingressi di ospiti in strutture residenziali socio-sanitarie e semiresidenziali

In accordo al Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2020 Rev. 2 “Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali socio-sanitarie e socioassistenziali”, le RSA socio-sanitarie e socioassistenziali si devono attenere alle seguenti indicazioni:

  •   tenere presente che l’accesso di nuovi residenti in struttura residenziale socio-sanitaria e socioassistenziale è subordinato al fatto che le strutture prevedano l’allestimento di una area di accoglienza temporanea dedicato ai nuovi ospiti, indipendentemente dalla provenienza (ospedale, domicilio o trasferimento da altra struttura), e l’adozione di misure logistiche idonee a garantire adeguato distanziamento fisico e isolamento funzionale fra gli ospiti per 14 giorni dalla possibile esposizione, allo scopo di garantire un’ulteriore barriera contro la diffusione del virus da soggetti in una possibile fase di incubazione;
  •   prima che la persona acceda alla struttura, prevedere l’accertamento dell’assenza di condizioni di rischio in atto mediante visita da parte del medico della struttura in spazi separati. Il medico della struttura deve verificare, in base al giudizio clinico e secondo le indicazioni del Ministero della Salute, che la persona non si trovi nelle condizioni di “caso sospetto”, “caso probabile”, “caso confermato”. ln tali circostanze l’ammissione in strutture o aree non specificatamente dedicate alla cura di persone sospette o affette da COVID-19 non è mai ammessa;
  •   in base alle indicazioni regionali, va effettuato un tampone appena prima di un nuovo ingresso o un trasferimento per dimissioni protette dall’ospedale se la permanenza in ospedale è durata più di 48 ore, oltre alla normale valutazione, da effettuarsi a cura degli operatori della struttura, dello stato di salute ed eventuale sussistenza di un rischio espositivo. Per reingressi da visite ambulatoriali/day hospital/PS/dialisi è necessaria una valutazione caso per caso in base alla situazione epidemiologica e alla valutazione del rischio della struttura ospitante.

    In base alla Circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020 i nuovi ingressi di ospiti in strutture residenziali socio-sanitarie e semiresidenziali devono tener conto di quanto segue:

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  •   L’isolamento dei casi di documentata infezione da SARS-CoV-2 si riferisce alla separazione delle persone infette dal resto della comunità per la durata del periodo di contagiosità, in ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione.
  •   La quarantena, invece, si riferisce alla restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo o ad una malattia contagiosa, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi. In considerazione dell’evoluzione della situazione epidemiologica, delle nuove evidenze scientifiche, delle indicazioni provenienti da alcuni organismi internazionali (OMS ed ECDC) e del parere formulato dal Comitato Tecnico Scientifico in data 11 ottobre 2020, si è ritenuta una nuova valutazione relativa a quanto in oggetto precisato:
  •   Casi positivi asintomatici. Le persone asintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).
  •   Casi positivi sintomatici. Le persone sintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).
  •   Casi positivi a lungo termine. Le persone che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per SARS-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi. Questo criterio potrà essere modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate (nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato).
  •   Contatti stretti asintomatici. I contatti stretti di casi con infezione da SARS-CoV-2 confermati e identificati dalle autorità sanitarie, devono osservare:
    • −  un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso; oppure
    • −  un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare

      negativo effettuato il decimo giorno”. Si raccomanda di:

  •   eseguire il test molecolare a fine quarantena a tutte le persone che vivono o entrando in contatto regolarmente con soggetti fragili e/o a rischio di complicanze;
  •   prevedere accessi al test differenziati per i bambini;
  •   non prevedere quarantena né esecuzione di test diagnostici nei contatti stretti di caso (ovvero non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato), a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo ad eventuali test diagnostici o nel caso in cui, in base al giudizio delle autorità sanitarie, si renda opportuno uno screening di comunità;

     promuovere l’uso della App Immuni per supportare le attività di contact tracing.
    Nel caso di un nuovo accesso a una struttura semiresidenziale, in aggiunta alle attività di triage già

    previste, deve essere effettuato un tampone o un test sierologico.

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3.7. Aspetti specifici per le strutture semiresidenziali 3.7.1. Modalità di trasporto

Il trasporto verso la struttura semiresidenziale può essere effettuato per piccoli gruppi o singoli e, comunque, deve essere organizzato nel rispetto delle indicazioni del distanziamento sociale e con l’uso della mascherina chirurgica, anche differenziando le fasce orarie sia in entrata sia in uscita. secondo quanto previsto dalla Circolare 12/03/2020 n. 15350 del Ministero dell’Interno e dal DPCM del 26 aprile 2020. In ogni caso, si deve:

  •   preliminarmente occorre effettuare un pre-triage telefonico al fine di evitare spostamenti che potrebbero essere di nocumento sia alla persona stessa sia eventualmente alle persone trasportate. Prima dell’effettuazione del trasporto, l’operatore deve misurare la temperatura e acquisire il questionario di pre-triage, autocompilato e autocertificato dalla persona interessata o dal suo famigliare/tutore, da consegnare successivamente all’operatore nel Centro Diurno;
  •   valutare la disponibilità dei familiari ad accompagnare alla struttura la persona con mezzi propri, per ridurre al massimo l’utilizzo del pulmino;
  •   sanificare almeno quotidianamente i mezzi di trasporto;
  •   rispettare gli obblighi di sicurezza e prevedere nel documento di valutazione dei rischi del gestore una specifica sezione relativa alle misure di contrasto dai rischi di contagio da COVID-19 nelle operazioni e nelle attività di trasporto degli utenti del Centro Diurno;
  •   prevedere che, in caso di trasporto erogato da terzi rispetto al gestore della struttura, vengano garantiti i medesimi standard e valutazione dei rischi.

    All’arrivo in struttura gli ospiti saranno accolti dall’operatore socio-sanitario in turno il quale, nuovamente, misura la temperatura degli ospiti, provvede all’igienizzazione delle mani e contestualmente fornisce loro i DPI necessari.

    3.8. Aspetti specifici per le strutture residenziali

    3.8.1. Preparazione della struttura e gestione dei casi sospetti o probabili/confermati di COVID-19

    In accordo con il Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2020 Rev. 2 “Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali socio-sanitarie e socioassistenziali”, per i casi sospetti/probabili/confermati di COVID-19 ospitati nella struttura residenziale socio-sanitaria è fondamentale il tempestivo isolamento disponendo la quarantena per eventuali contatti stretti, e seguendo anche tutte le altre precauzioni raccomandate per le strutture ospedaliere.

    Le strutture devono identificare aree di isolamento con “stanze di isolamento singole con bagno dedicato e, possibilmente, con anticamera”, tenendo presente un criterio di progressione in rapporto alla gravità e al rischio diffusivo dell’infezione. Nel caso che le RSA non abbiano a disposizione stanze di isolamento singole il caso sospetto/probabile/confermato di COVID-19 deve essere rapidamente inviato in idonea struttura (residenziale o ospedaliera) seguendo quanto definito da protocolli emanati dalle direzioni delle aziende sanitarie che devono essere prontamente recepiti dal Responsabile sanitario della struttura. Inoltre in quelle situazioni in cui il paziente, superata la fase acuta, viene dimesso dall’ospedale ancora positivo per esigenze di posti letto è assolutamente auspicabile, per le strutture che non abbiano a disposizione stanze di

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isolamento, che vengano allestite strutture di “isolamento di coorte” in cui inserire i pazienti in attesa di negatività del tampone molecolare.

Nella gestione in isolamento di una persona con demenza affetta da COVID-19 devono essere considerate le peculiarità cliniche di ogni paziente. In particolare, nel caso la persona con demenza sia nella condizione di wandering (vagabondaggio) devono essere garantiti nella struttura spazi sicuri nel rispetto delle norme di prevenzione e controllo delle infezioni e deve essere evitato il ricorso a mezzi di contenzione fisica. Si raccomanda ad esempio di rendere le camere personali ancora più accoglienti creando percorsi per il wandering.

3.8.2. Visite dei familiari e rientri in famiglia Il DPCM del 7 agosto 2020, prevede che:

“l’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione”.

Tale norma è stata ribadita con le stesse parole anche dall’art 1, comma 6 (bb) del DPCM del 13 ottobre 2020.

Al fine di rendere omogenee sul territorio nazionale l’applicazione di queste norme, il più volte citato Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2020 Rev. 2 ha riconosciuto la necessità attuale di favorire percorsi di socializzazione per le persone residenti. Il documento, infatti, invita alla rimodulazione delle fasce temporali per le visite parentali, affermando che “qualora sia necessario, si raccomanda di estendere gli orari di ricevimento”, e anche di “mantenere le comunicazioni con operatori, residenti e familiari. A questi ultimi vanno garantiti la possibilità di visita e di ricevere informazioni sullo stato di salute del proprio familiare residente attraverso una figura appositamente designata”.

Gli incontri tra l’ospite e il caregiver/familiare devono avvenire nel rispetto delle norme di sicurezza e di prevenzione del contagio in aree esterne alla struttura e, a seconda della stagione, all’aperto o al chiuso. Un solo familiare o caregiver deve produrre autocertificazione no covid e compilare una scheda di valutazione per l’ingresso così come previsto dall’allegato 1 del Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2020 Rev. 2, che deve essere archiviata nella documentazione personale dell’ospite con i tempi di conservazione che si reputano necessari.

In alcune disposizioni regionali quale, ad esempio, l’Ordinanza del Presidente della Regione Lazio 21 luglio 2020, n. Z00053 – “Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica. Ulteriori misure per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019: Linee di indirizzo per le modalità di accesso e visita dei familiari nelle strutture residenziali sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali” – ove si prevede che:

“le visite possono essere effettuate anche mediante il rientro in famiglia dell’ospite, sulla base delle indicazioni del progetto individuale di assistenza, se trattasi utente ospitato in struttura sociosanitaria. Tale possibilità è estesa anche agli ospiti di strutture socioassistenziali. Tali rientri dovranno essere concordati e pianificati con la struttura, nel rispetto delle principali misure di prevenzione, secondo le previsioni del predetto piano individuale di assistenza e con le seguenti modalità:

 sottoscrizione preventiva di un accordo di reciproca responsabilità tra la struttura residenziale e i familiari/congiunti dell’ospite (Allegato 4 della suddetta Ordinanza) per il rispetto delle regole di contrasto alla diffusione del virus che prevede, tra l’altro, l’autodichiarazione circa la non presenza nell’ambito del proprio nucleo familiare di persone con febbre o sintomi di malattia respiratoria e, nel caso in cui un componente del nucleo familiare dovesse presentare questi sintomi nei giorni successivi il rientro in famiglia, l’impegno ad informare la struttura;

 la struttura deve conservare l’elenco degli ospiti che hanno fatto visite extra residenziali/rientri in famiglia per un periodo di 14 giorni”.

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Al rientro in struttura, il paziente dovrà essere sottoposto ad un dettagliato protocollo, analogo a quello effettuato al momento del primo ingresso, per il quale si rimanda alla suddetta Ordinanza, e in coerenza con l’evoluzione epidemiologica della curva dei contagi.

Il cambio della biancheria e degli abiti portati dai parenti va programmato e previsto fuori dal reparto con orari e luoghi definiti.

Infine, se la persona non affetta si trova in una fase terminale, o in caso di decesso, si può prevedere di far entrare nella struttura i parenti, nel rispetto delle norme di prevenzione e sicurezza, per la vestizione e svestizione, purché siano garantite tutte le norme di sicurezza e sia applicata una modalità programmata di gestione e sorveglianza.

In alcuni casi è risultato utile effettuare videochiamate per la preghiera condivisa, essendo assente il rito religioso (olio degli infermi). È necessario porre attenzione che nel video traspaia dal volto del malato un aspetto curato.

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ALLEGATO al capitolo 3
Schema di una giornata tipo di una struttura residenziale

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ROUTINE

Zona VERDE

Zona GRIGIA (stanze singole)

Zona ROSSA (stanze singole)

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Sveglia

Sveglia naturale

Sveglia naturale

Sveglia naturale

Aiuto all’alzata da parte dell’operatore, primo intervento di orientamento

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Piano assistenziale personalizzato per le modalità di aiuto

Piano assistenziale personalizzato per le modalità di aiuto

Piano assistenziale personalizzato per le modalità di aiuto

Igiene mattutina sempre con sorveglianza/ aiuto operatore

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Svolta in bagno di stanza condivisa. Intervallo di tempo e sanificazione

Svolta in bagno di stanza singola

Svolta in bagno di stanza singola

Vestirsi
(assistenza
operatore) coinvolgendo
la persona nella
scelta e nelle operazioni

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Vestiti da armadio
di stanza, tenuto aperto e accessibile
al residente

Vestiti da armadio
di stanza, tenuto aperto e accessibile al residente. I vestiti del giorno prima sono stati sanificati e isolati

Vestiti da armadio
di stanza, tenuto aperto e accessibile al residente. I vestiti del giorno prima sono stati sanificati e isolati

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Colazione

In stanza o in spazi comuni sorvegliati a piccoli gruppi, tavoli singoli, distanziati

In stanza

In stanza

Riposo post colazione, recupero energia, tranquillità, poco rumore

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In stanza o in poltrona
in spazi comuni, sorvegliati, distanziati auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

In stanza, poltrona, auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

In stanza, poltrona. auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

Attività motoria assistita

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In palestra, negli spazi comuni, individuale

In stanza, in corridoio, individuale

In stanza in corridoio, individuale

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Attività occupazionale individuale

In stanza,
negli spazi comuni

In stanza

In stanza

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Intermezzo
mattutino nutrizione/idratazione

In stanza o in spazi comuni sorvegliati a piccoli gruppi, tavoli singoli, distanziati

In stanza

In stanza

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ROUTINE

Zona VERDE

Zona GRIGIA (stanze singole)

Zona ROSSA (stanze singole)

Riposo post-attività

page51image1574428784 page51image1566775488

In stanza o in poltrona
in spazi comuni, sorvegliati, distanziati. Musica, auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

In stanza, poltrona, auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

In stanza, poltrona, auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

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Pranzo

In stanza o in spazi comuni sorvegliati a piccoli gruppi, tavoli singoli, distanziati

In stanza

In stanza

Riposo post prandiale recupero energia, tranquillità, poco rumore

page51image1565839152 page51image1565839456

In stanza o in poltrona in spazi comuni, sorvegliati, distanziati.
Musica, auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

In stanza, poltrona, auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

In stanza, poltrona, auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

Attività occupazionale /motoria individuale pomeridiana

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In stanza, negli spazi comuni

In stanza

In stanza

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Merenda

In stanza o in spazi comuni sorvegliati a piccoli gruppi, tavoli singoli, distanziati

In stanza

In stanza

Riposo

In stanza o in poltrona in spazi comuni, sorvegliati, distanziati. Musica.

In stanza

In stanza

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Cena

In stanza o in spazi comuni sorvegliati a piccoli gruppi, tavoli singoli, distanziati

In stanza

In stanza

Riposo post prandiale

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In stanza o in poltrona in spazi comuni, sorvegliati, distanziati. Musica, auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

In stanza, poltrona, auto intrattenimento eventuale, come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

In stanza, poltrona, auto intrattenimento eventuale come da PAI (giornali o libri illustrati, bambola, musica, ecc.)

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Bevanda della buona notte

In stanza

In stanza

In stanza

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4. Contesti specifici 4.1. Introduzione

La persona con demenza presenta numerose specificità dovuta alla sua complessa condizione. Tali specificità devono essere considerate anche nel corso di una pandemia al fine di fornire la migliore assistenza possibile. In questo capitolo vengono richiamati alcuni contesti specifici che sottolineano il diritto di una persona affetta da demenza di ricevere le migliori cure.

I diritti di queste persone sono stati recentemente puntualizzati dal documento del Comitato Nazionale di Bioetica “Le demenze e la malattia di Alzheimer: considerazioni etiche” soprattutto nelle parti che riguardano la relazione terapeutica (con particolare riferimento al consenso informato, alla cura del dolore, all’alimentazione artificiale/non artificiale) e l’assistenza socio-sanitaria. Alcuni di questi temi sono stati ripresi nel documento “Raccomandazioni per la governance e la clinica nel settore delle demenze. Riflessioni su alcune implicazioni etiche” redatto dal Tavolo per il monitoraggio e implementazione del Piano Nazionale delle Demenze.

In questo contesto vanno segnalate le specificità per la persona con demenza affetto o con sospetto di COVID-19 nell’esecuzione del tampone, nell’adottare le misure di isolamento e di accesso all’ospedalizzazione, nell’approccio al paziente ospedalizzato, nell’accessibilità ai trattamenti invasivi, nel considerare le interazioni farmacologiche e i trattamenti per il COVID-19 nonché nelle condotte terapeutiche relative alle cure palliative e fine vita.

È importante sottolineare che in Italia, in un campione di 2621 cartelle cliniche di deceduti con tampone positivo per SARS-CoV-2, rappresentativo per età, residenza e periodo dei circa 35.000 deceduti nella popolazione generale ai primi di maggio del 2020, i pazienti con demenza hanno avuto un ridotto accesso alle Terapie Intensive (OR = 0,31; IC95% 0,17-0,59, p< 0,001) rispetto ad un paziente con altra diagnosi. Questo fenomeno è stato documentato anche in molti altri Paesi ed ha condotto Alzheimer Europe a sottolineare che le procedure di triage per l’accesso alle terapie sub-intensive e intensive dovrebbero sempre basarsi sulla prognosi individuale di un paziente e non basarsi esclusivamente sulla sua età, diagnosi o luogo di residenza (es. provenienza da una struttura residenziale).

4.2. Esecuzione del tampone COVID-19

Il tampone per la ricerca del SARS-CoV-2 deve essere effettuato nelle RSA prima di un nuovo ingresso o un trasferimento per dimissioni protette dall’ospedale se la permanenza in ospedale è durata più di 48 ore come stabilito nel Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2020 Rev. 2 “Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali socio-sanitarie e socioassistenziali”. Inoltre il tampone deve essere effettuato anche per l’accesso ad un Centro Diurno. Per una più rapida gestione della patologia in termini di tracciamento e isolamento soprattutto nei casi di nuovo accesso potrebbe essere indicato l’impiego di tamponi rapidi (test antigenici) con ovvia verifica in caso di positività da parte di test molecolare come da Circolare del Ministero della Salute del 29 settembre 2020.

La corretta esecuzione del tampone COVID-19 in una persona con demenza dipende da numerose variabili: vigilanza del paziente, collaborazione dello stesso, grado di deterioramento cognitivo da cui può dipendere la corretta comprensione della metodologia dell’esame, l’ambiente in cui viene eseguito l’esame, la modalità di approccio del personale.

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In caso di paziente con delirium o disturbo comportamentale all’ingresso, l’esecuzione del tampone non rappresenta la priorità. L’esecuzione di un tampone naso faringeo in paziente non collaborante è causa di una elevata percentuale di falsi negativi. Il tampone inoltre deve essere eseguito in condizioni di sicurezza per il paziente e per l’operatore. La persona con demenza, soprattutto se agitata o ansiosa per il cambiamento di setting o il luogo vissuto come ostile, non comprende cosa le viene proposto o fatto, può vivere l’esecuzione dell’esame come una aggressione e può reagire con ulteriore accentuazione dell’agitazione psicomotoria, con rifiuto fino all’aggressività.

È pertanto necessario in primis gestire il disturbo comportamentale individuandone quanto possibile le cause.

In questi casi è indispensabile il corretto utilizzo dei DPI da parte del personale, le misure di isolamento laddove possibile e la valutazione dei criteri clinico anamnestici e di laboratorio per escludere il COVID-19 in fase attiva e/o l’elevata contagiosità del paziente e poter quindi differire l’esecuzione del tampone in un secondo momento della giornata o se necessario il giorno successivo, fino a stabilizzazione del quadro comportamentale.

Per avere la possibilità di eseguire il tampone con una finestra temporale flessibile e avere una continuità di presenza di personale addetto all’esecuzione dei tamponi è necessario identificare e formare più persone che siano sempre presenti nei vari turni per la corretta esecuzione dei tamponi.

L’infermiere coordinatore di reparto, o un suo delegato, per la sua presenza giornaliera con orario centrale dovrebbe comunque sempre essere formato all’esecuzione corretta del tampone e ad un adeguato approccio comportamentale ed essere di riferimento per il restante personale.

Individuato il momento in cui la persona è più collaborante, l’operatore informa comunque il paziente sulla necessità di eseguire il tampone e sulle modalità di esecuzione dello stesso, rispettando il suo diritto di conoscere le procedure mediche alle quali verrà sottoposto, senza dare per scontato che non capisca cosa avviene, ecc. L’informazione deve essere chiara, il più possibile adeguata al grado di comprensione del paziente, impiegandoci il tempo necessario, nel tentativo di instaurare una relazione di fiducia.

L’ambiente dove viene eseguito il tampone deve essere il più possibile tranquillo, possibilmente in camera di degenza, con la presenza di almeno due operatori, seguendo le procedure previste dal Rapporto ISS COVID-19 n. 11/2020 Rev. 2 “Raccomandazioni per il corretto prelievo, conservazione e analisi sul tampone rino/orofaringeo per la diagnosi di COVID-19”.

La contenzione fisica non deve essere applicata durante l’esecuzione del tampone.
In contesti domiciliari, nel rispetto delle norme sulla prevenzione e il controllo del contagio, la presenza

del caregiver o di un familiare durante l’esecuzione del tampone può essere di aiuto. 4.3. Misure di isolamento e ospedalizzazione

Nel caso di persone con demenza che presentano wandering e COVID-19 devono essere garantiti nella struttura spazi sicuri nel rispetto delle norme di prevenzione e controllo delle infezioni e deve essere evitato il ricorso a mezzi di contenzione fisica.

A seconda del contesto epidemiologico, i pazienti con tampone positivo possono essere trasferiti o in ospedale o in strutture dedicate specificatamente.

Qualora dovesse rendersi necessario un ricovero, può essere opportuno prevedere la compilazione di un’agenda personale con informazioni sulla persona per garantirle stabilità: potrebbe essere inserito il modo in cui la persona preferisce essere chiamata, il suo background culturale, i nomi di familiari e amici significativi, hobby, eventuali interessi passati e presenti, abitudini del sonno, situazioni che lo agitano,

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modalità per rilassarsi, informazioni sulla sua routine quotidiana, abitudini alimentari, eventuali disturbi comportamentali ricorrenti, utilizzo di ausili e protesi. Tali informazioni potrebbero migliorare l’assistenza durante il decorso ospedaliero e prevenire l’insorgenza di complicanze (es. delirium).

4.4. Approccio al paziente ospedalizzato

In questo contesto vanno richiamati i sintomi frequenti e quelli atipici del paziente con demenza e COVID-19 già riportati nel capitolo 2 relativo all’assistenza in contesto domiciliare alla persona con demenza e al capitolo 3 relativo alle strutture semiresidenziali e residenziali.

La diagnosi di COVID-19 in un paziente con demenza non deve focalizzare tutta la nostra attenzione e orientare l’approccio clinico e terapeutico solo su questa patologia, tralasciando la gestione di eventuali comorbilità o di importanti ricadute funzionali (allettamento con immobilità, alimentazione in primis).

La persona con demenza non sempre è in grado di riportare eventuali sintomi non di pertinenza COVID- 19 o di fornire puntualmente o correttamente in assenza di un caregiver le informazioni di anamnesi patologica, con il rischio che vengano ignorati sintomi di patologie concomitanti.

Pertanto l’ingresso in ospedale del paziente con demenza affetto da COVID-19 dovrà prevedere un’accurata raccolta clinico anamnestica col caregiver e un attento esame obiettivo orientato non solo alla valutazione della sintomatologia COVID-specifica, per poter impostare una terapia e una assistenza correttamente orientata alla gestione del quadro clinico generale del malato.

Si raccomanda nel contesto ospedaliero un approccio multi-professionale all’assistenza del paziente con demenza e COVID-19 con coinvolgimento sia dei professionisti sanitari dei CDCD che dei servizi di medicina d’urgenza e di malattie infettive nonché di quelli esperti nelle cure palliative.

4.5. Accessibilità ai trattamenti invasivi

Ai pazienti con demenza in relazione allo stadio di malattia e alle condizioni cliniche contingenti deve essere garantito l’accesso alle terapie sub-intensive e intensive nonché ai trattamenti invasivi.

Nel documento di consenso adottato il 3 aprile 2020, Alzheimer Europe considera inaccettabile limitare sistematicamente l’accesso ai ventilatori durante la pandemia COVID-19 alle persone affette dalla malattia di Alzheimer e da altri tipi di demenza o alle persone che vivono nelle strutture residenziali. Laddove si rendano necessarie procedure di triage (usato per assegnare il grado di priorità del trattamento quando si è in presenza di molti pazienti, oppure quando si è in presenza di un’emergenza extra ospedaliera e si deve valutare la gravità delle condizioni cliniche del paziente), queste dovrebbero sempre basarsi sulla prognosi individuale di un paziente e non basarsi esclusivamente sulla sua età, diagnosi o luogo di residenza.

4.6. Interazioni farmacologiche

 I pazienti con demenza e con disturbi comportamentali spesso hanno in terapia farmaci neurolettici (tipici e atipici), sedativi del SNC (benzodiazepine), antidepressivi (TCA, SSRI, SNRI), anticolinesterasici, precursori dell’acetilcolina, antiepilettici. La stretta interrelazione fra i BPSD e i fattori biologici da un lato (comorbilità, dolore, cause iatrogene) e fattori ambientali dall’altro (es. ospedalizzazione, variazioni di setting) è un dato acquisito. Si consiglia quindi, prima di prescrivere qualsiasi farmaco, di considerare ogni fattore precipitante reversibile che possa causare agitazione.

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È buona pratica clinica infatti limitare l’utilizzo di tali farmaci o modularne la posologia, soprattutto in corso di patologie intercorrenti.

  •   Il paziente con demenza affetto da COVID-19 e demenza presenta sintomi quali febbre, mialgia, astenia, iporessia che spesso si associano a sensibile riduzione in intensità (fino al segno opposto) dei BPSD in particolare dei clusters: psicosi, agitazione, disturbo dell’attività motoria e che quindi già di per sé rendono la terapia sedativa ridondante.
  •   I pazienti con demenza hanno una particolare “suscettibilità” a numerosi farmaci attivi a livello neurologico e non tutti così semplici da individuare. Antispastici, antagonisti dell’istamina, antibiotici (in specie trimetropim-sulfamethossazolo, fluorochinolonici, penicilline e molte cefalosporine escluso il ceftriaxone), digossina, antidolorifici e miorilassanti possono avere effetti avversi sulla cognitività e sul comportamento e contribuire tanto all’agitazione quanto all’apatia.
  •   Gli effetti collaterali dei farmaci neurolettici (allungamento del QTc, effetto anticolinergico, alterazione della funzionalità’ epatica e renale alterazioni del profilo immunologico e coagulativo) possono essere potenziati dai farmaci correntemente utilizzati in corso di COVID-19 quali analgesici, antipiretici, antibiotici in particolare macrolidi.
  •   La sovrapposizione di sintomi tipici dell’infezione da virus a effetti avversi comuni di farmaci in uso ai pazienti con demenza (anticolinesterasici, antidepressivi, neurolettici) è frequente: nausea, vomito, tremori, diarrea, iponatriemia devono essere attentamente valutate e inquadrate nel quadro clinico complessivo del paziente
  •   D’altra parte, gli effetti avversi della maggior parte dei farmaci neurolettici o antidepressivi (nausea, vomito, tremori, diarrea, iponatriemia) possono essere sommatori dei sintomi in corso di COVID-19.
  •   La necessità di impostare terapia antiaggregante (eparina a basso peso molecolare) rende imperativo proteggere i pazienti dal rischio di sanguinamento da traumatismi per esempio mantenendo la deambulazione sicura. I neurolettici o i sedativi in generali devono pertanto essere rivalutati soprattutto nelle ore serali per limitare il rischio di cadute, già aumentato per ipostenia, mialgie o stato confusivo in corso di infezione con febbre.
  •   È verosimile che possano presentarsi alterazioni emolinfopoietiche da COVID-19 sostenute da interazioni con farmaci neurolettici o antiepilettici (che possono causare agranulocitosi, linfocitopenia, trombocitopenia).
  •   In quei pazienti in cui la terapia psicolettica risulti imprescindibile, è raccomandabile un monitoraggio dell’ECG con valutazione del tratto QTc e di eventuali alterazioni del ritmo. È raccomandato un frequente monitoraggio degli elettroliti sierici e della funzionalità renale ed epatica, tenendo conto della polifarmacoterapia.
  •   È opportuno modulare la terapia con somministrazione flessibile “al bisogno” in modo che il disturbo comportamentale venga rivalutato di volta in volta ed eventualmente contestualizzato nel quadro clinico più ampio conseguente a patologia medica.
  •   È opportuno far precedere la somministrazione del farmaco sedativo o neurolettico, laddove necessario, a una completa valutazione clinica nell’ottica di eliminare noxae patogene di cui il disturbo comportamentale sia semplice corollario.
  •   È opportuno far precedere alla somministrazione del farmaco neurolettico la terapia antalgica, antipiretica, broncodilatatoria, diuretica in modo da monitorare al meglio l’andamento del disturbo comportamentale.
  •   Non vi sono farmaci “vietati” a priori per il paziente con COVID-19 e demenza rispetto al paziente senza demenza. Fatte salve le precauzioni legate a interazioni con farmaci specifici per i BPSD o

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psicolettici o specifici per i disturbi cognitivi, la Demenza non ha di per sé valenza di criterio di esclusione a priori per linee di indirizzo terapeutico per la gestione del malato COVID-19.

 È raccomandata una maggiore frequenza nella valutazione dei parametri vitali. 4.7. Prescrizioni farmacologiche per il COVID-19

Le linee guida dell’OMS sui trattamenti per il COVID-19 hanno formulato una forte raccomandazione per l’uso di corticosteroidi sistemici in pazienti COVID-19 gravi e critici in quanto viene ridotto il rischio di morte. In particolare, alcune evidenze di letteratura sottolineano come in pazienti ospedalizzati affetti da COVID- 19 il trattamento con desametasone riduce il rischio di mortalità a 28 giorni. In queste sperimentazioni non sono presenti persone con demenza e tale eventuale trattamento deve essere quindi impiegato considerando le specifiche condizione cliniche del paziente e valutando anche il possibile peggioramento dei disturbi comportamentali.

4.8. Terapie palliative e Fine Vita

Il già citato documento “Raccomandazioni per la governance e la clinica nel settore delle demenze. Riflessioni su alcune implicazioni etiche” redatto dal Tavolo per il monitoraggio e implementazione del Piano Nazionale delle Demenze e approvato in Conferenza delle Regioni e Province Autonome il 6 agosto 2020 può essere considerato, in riferimento ad alcune raccomandazioni, nello specifico della pandemia in corso.

In particolare per la Raccomandazione 2 (“Promozione di protocolli operativi locali per lo snellimento dei tempi di attesa per la nomina di AdS: sviluppo di canali privilegiati tra Servizi Sanitari/Socio-sanitari e Giudice Tutelare”) si sottolinea come in corso della pandemia i diversi tribunali si sono adoperati al fine di garantire percorsi più snelli e integrati con i servizi sociosanitari e sanitari, al fine di garantire la protezione giuridica anche in emergenza sanitaria Covid. In particolare, si riporta l’esperienza del Tribunale di Genova, che ha introdotto una serie di prassi operative per la nomina dell’AdS che modificano in parte le procedure finora adottate cercando di semplificare le attività che incombono sui privati cittadini nominati amministratori di sostegno che già, proprio perché assumono tale incarico, devono gestire delle situazioni difficili aggravate in questo periodo dai problemi creati dall’epidemia.

Allo stesso modo il Giudice Tutelare di Trieste, in questo contesto pandemico, provvede a nominare un amministratore di sostegno provvisorio, senza aver fatto luogo in via istruttoria all’audizione del beneficiando: l’iter è stato infatti rinviato a tempi migliori e ritenuto evidentemente non prevalente rispetto alle esigenze di immediato intervento dell’amministratore di sostegno, in una situazione personale critica del soggetto debole, ampiamente documentata in sede di ricorso.

Tali procedure andrebbero raccomandate anche in altri contesti territoriali.

Per quanto riguarda Raccomandazione 4 (“Applicazione uniforme sul territorio nazionale della legge n. 38 del 15 marzo 2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”) si sottolinea la necessità di garantire la presa in carico del paziente con demenza eleggibile per CP all’interno della rete locale di cure palliative (RLCP), con particolare riferimento al setting domiciliare, anche nell’ottica della simultaneous care e della presa in carico precoce; ciò al fine di evitare ospedalizzazioni improprie e per garantire una presa in carico globale del malato (anche Covid +) attraverso un’assistenza continua, integrata e progressiva fra terapie e cure palliative quando l’outcome non sia principalmente la sopravvivenza del malato. Le RLCP dovrebbero, altresì garantire supporto alle strutture implementate in emergenza sanitaria per pazienti Covid +.

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Infine per quanto riguarda la Raccomandazione 6 (“Sviluppo di percorsi di strutturazione dei PAI delle persone con demenza”) i PAI devono essere raccomandati in considerazione del contesto pandemico in corso anche in situazione di urgenza secondo quanto previsto dal documento citato precedentemente: “In particolare nei casi di assenza di DAT già formulate, il PAI si configura come l’unico strumento adeguato a predisporre un percorso di accompagnamento condiviso. Il PAI individua gli atti di cura e assistenza che l’équipe multidisciplinare ritiene etico e appropriato perseguire e deve essere inteso come uno strumento flessibile i cui obiettivi sono soggetti a verifica e adeguamento periodico. Particolarmente importante è l’approccio del PAI alla fase del fine vita. La European Association of Palliative Care (EAPC) ha redatto una dichiarazione di consenso tentando di definire alcuni principi pratici da utilizzare lungo il percorso di cura delle persone con demenza. Grande enfasi viene data alla pianificazione preventiva (ACP, Advance Care Planning) intesa come un processo dinamico di riflessione e dialogo tra l’individuo, i suoi familiari e gli operatori sanitari in merito alle preferenze sulle cure e l’assistenza futura.

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5. Promuovere la formazione 5.1. Introduzione

È evidente come la pandemia COVID-19 abbia avuto un impatto diretto non solo sulla salute ma più in generale sull’intero sistema sanitario.

Anche lo specifico sistema di formazione degli operatori sanitari e socio-sanitari è stato messo a dura prova per rispondere in tempi rapidi alle sfide del COVID-19. Ciò ha portato alla necessità di apprendere “just-in-time” le conseguenze assistenziali di questa nuova malattia. La metodologia della simulazione si è dimostrata efficace sia per l’apprendimento dei professionisti sanitari e socio-sanitari che per l’integrazione dei sistemi nel contesto dell’integrazione di nuovi processi, flussi di lavoro e rapidi cambiamenti organizzativi della condotta assistenziale. Nei sistemi sanitari e socio-sanitari gli apprendimenti individuali, di team e di sistema generati dalla formazione si stanno verificando a una velocità senza precedenti per un volume di informazioni straordinariamente alto. La necessità di poter disporre per i professionisti sanitari e socio- sanitari di un programma specifico di formazione per il COVID-19 rappresenta la miglior risposta a lavorare sotto stress e a prevenire la sindrome del burn-out che causa gravi conseguenze sulla salute del lavoratore e importanti esiti negativi sull’organizzazione.

La necessità inoltre di contenimento del virus ha cambiato anche i modelli comportamentali e relazionali sia per i tradizionali modelli di assistenza che per le famiglie chiamate a gestire un familiare con demenza. Diversi studi hanno evidenziato come in caso di eventi epidemici straordinari è verosimile attendersi un aumento nella popolazione di sintomi ansiosi e depressivi ma le conoscenze sull’impatto di questa pandemia sulla salute mentale delle persone sono ancora poche, e nascono principalmente da esperienze relative ad altre epidemie geograficamente più contenute. È stato tuttavia dimostrato che tra le possibili conseguenze negative del distanziamento fisico e della quarantena rientrano l’abuso di alcool e tentativi di suicidio e autolesionismo.

L’ improvviso venir meno dei supporti sociali e assistenziali e l’interruzione della routine sanitaria – dai quali sia il paziente che il caregiver dipendono – ha esacerbato non solo la vulnerabilità sociale della persona con demenza ma anche quella del caregiver, che si è trovato a rivestire il ruolo di terapista, infermiere e riabilitatore, con ulteriore aggravio di responsabilità e rischio di burn-out. La chiusura delle strutture di assistenza e sollievo, e dei relativi programmi di attività per le persone con demenza, ha anche reso più difficile per i caregiver ritornare ai precedenti livelli di assistenza domiciliare, e messo seriamente a rischio la loro capacità di resilienza nello sforzo di mantenere una routine quotidiana e trovare nuovi modi per tenere occupato il familiare malato; senza contare lo sforzo per garantire il distanziamento anche all’interno delle mura domestiche.

Nel migliore dei casi, già in tempi normali, il benessere psicologico e fisico dei caregiver è precario ma durante i mesi di isolamento alcuni di essi possono aver sperimentato malattie, ansia e disturbi psicologici di cui dovranno con ogni probabilità affrontare gli effetti nel lungo termine. Un recente studio condotto su 80 pazienti e relativi caregiver ha evidenziato un aumento dell’ansia da inattività nei primi, e un contestuale aumento dello stress da assistenza negli altri. In uno studio condotto in Italia su 4.913 caregiver i sintomi correlati allo stress sono stati sperimentati da due terzi dei caregiver e sono stati associati ad un aumento dei disturbi comportamentali dei pazienti. In particolare, l’aumento dei BPSD è stato osservato nel 59,6% dei pazienti come peggioramento dei sintomi preesistenti o come nuova insorgenza, e ha richiesto modifiche ai farmaci nel 27,6% di questi casi. I sintomi di peggioramento più frequentemente segnalati erano irritabilità, apatia, agitazione e ansia. I nuovi sintomi più frequenti erano disturbi del sonno e irritabilità. Il problema del distanziamento sociale, imposto dalla necessità di prevenire la trasmissione del COVID-19, può infatti creare

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disagio e turbamento nella quotidianità della persona con demenza, esacerbandone quei problemi comportamentali che costituiscono uno stressor addizionale per il caregiver.

La letteratura abbonda di suggerimenti per preservare la salute dei carer, primo fra tutti un supporto psicologico che li aiuti a comprendere e gestire le emozioni negative – rabbia e ansia – nonché la possibilità di limitare l’impatto dell’isolamento sociale mantenendo i rapporti con il resto della famiglia e gli amici in modi nuovi. Le strategie vanno dall’adozione di accorgimenti fisiologici (alimentazione, idratazione, sonno regolare, esercizio fisico) a quelli più strettamente psicologici: fare riferimento a fonti di informazione attendibili, parlare con persone di fiducia e tenere i contatti sui social media. Altri autori suggeriscono inoltre il ricorso a supporti psicologici per mitigare le difficoltà della coabitazione forzata.

Negli USA, l’Alzheimer Association mette a disposizione risorse online per i caregiver (www.alz.org/help- support/resources), che vanno dagli approfondimenti sulla malattia all’offerta di sostegno psicologico e professionale e uno sportello telefonico attivo h 24/7.

A titolo di esempio ricordiamo nel panorama italiano l’AIMA organizza corsi per caregiver a Napoli e Parma, appoggiandosi a strutture pubbliche (ASL, CDCD), mentre Alzheimer Uniti Onlus ha creato un appuntamento quotidiano sui social per condividere le attività da fare con i familiari affetti da MdA, avere suggerimenti e tenersi in contatto (La Città Amica #Restateacasa) e infine la Federazione Alzheimer organizza incontri di informazione e formazione per i caregiver online.

Prendersi cura di una persona con demenza richiede prima di tutto un’adeguata conoscenza della malattia. Secondo alcune revisioni scientifiche gli interventi psicoeducativi (aumento della conoscenza e sostegno psicologico) migliorano il senso di auto-competenza e diminuiscono il rischio di burn-out e depressione.

Sull’efficacia dei programmi di formazione la letteratura precedente alla pandemia riporta dati contrastanti, in gran parte legati a variabili metodologiche (numerosità dei gruppi, scelta dell’outcome, eterogeneità dei programmi, ecc.), ma nonostante le limitazioni sono sempre più numerose le evidenze scientifiche in senso positivo, purché gli interventi siano di tipo professionale e non auto-gestiti. In una recente review sono state riassunte le evidenze cliniche dei programmi di intervento sulla diade paziente/caregiver. Complessivamente, i risultati dei 5 studi inclusi nell’analisi hanno mostrato nei pazienti un miglioramento delle funzioni esecutive e degli aspetti funzionali (mobilità, riduzione di cadute e ADL), e nei caregiver una riduzione del burden. In Italia, uno studio multicentrico che ha utilizzato il Programma del Saggio Caregiver (The Savvy Caregiver Program) ha mostrato un miglioramento delle strategie di coping nei caregiver nonché una conseguente riduzione in frequenza e gravità dei sintomi comportamentali e psicologici dei pazienti. Un precedente studio australiano ha inoltre mostrato la validità di un programma residenziale di formazione per caregiver in termini di riduzione della morbilità psicologica nei caregiver, della mortalità nei pazienti e dei costi sul sistema sanitario. Lo studio è stato recentemente replicato nei Paesi Bassi in una struttura residenziale non sanitaria.

Non da ultimo, nell’ottica dell’impiego delle nuove tecnologie una revisione sistematica ha esaminati 65 studi che hanno impiegato la tecnologia a distanza (video, telemedicina, telefono e webinar) su diversi tipi di intervento: istruzione, consulenza (compreso il supporto alle decisioni), terapia psicosociale/cognitiva comportamentale (compresa la formazione per la risoluzione dei problemi), supporto sociale, raccolta e monitoraggio dei dati e fornitura di assistenza clinica. I risultati riportano un miglioramento della salute psicologica (ansia, stress, carico, irritazione e isolamento) del senso di auto-efficacia e della gestione del paziente, migliori capacità di coping e di comunicazione. La tecnologia più comunemente utilizzata è stata la videoconferenza, che ha permesso ai pazienti e ai caregiver di avere accesso all’assistenza sanitaria come in un setting convenzionale, con interazioni in grado di fornire interventi cognitivi-comportamentali o educativi in tempo reale.

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L’utilizzo della videoconferenza sembra pertanto utile nel mediare la necessità di interazione sociale, mostrando effetti positivi sulla diade paziente/caregiver in termini di resilienza, e un miglioramento dello stato psicofisico del caregiver.

5.2. Formazione per il personale sanitario e socio-sanitario

Il corso FAD “Prevenzione e controllo delle infezioni nel contesto dell’emergenza COVID-19” è erogato sulla piattaforma https//www.eduiss.it dal 30 marzo al 30 novembre 2020. Il corso è rivolto alle professioni sanitarie ECM, agli operatori di supporto (OSS, OTA, ecc.) nonché agli assistenti sociali, e fornisce strumenti utili ad affrontare l’emergenza sanitaria dovuta al nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) per limitarne la trasmissione. Per aggiornamenti rispetto alla disponibilità dei corsi FAD si invitano i professionisti sanitari e socio-sanitari a consultare la pagina dei corsi disponibili – Professionisti Area sanitaria e Assistenti sociali all’indirizzo https://www.eduiss.it nonché la sezione dei corsi FAD sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità https://www.iss.it/corsi-fad.

Gli obiettivi di apprendimento sono gli stessi per entrambi i corsi. In particolare:

  •   Definire il ruolo della prevenzione e controllo delle infezioni nell’ambito della “preparedness”, “readiness” e descrivere la risposta a una emergenza infettiva.
  •   Descrivere la situazione epidemiologica attuale per COVID-19, la definizione di caso e di contatto stretto, i segni e sintomi della malattia.
  •   Descrivere le misure (protezione personale, isolamento dei pazienti e misure ambientali) da intraprendere nelle strutture sanitarie in presenza di casi confermati o sospetti di COVID-19 per evitare la trasmissione agli operatori sanitari e ai pazienti.
  •   Descrivere le misure da attuare e raccomandare alle persone per l’isolamento domiciliare fiduciario Sono a disposizione i seguenti Rapporti ISS COVID-19:
  •   4/2020 Rev. 2
    Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali
  •   57/2020
    Formazione per la preparadness nell’emergenza COVID-19: il case report dell’Istituto Superiore di Sanità. Versione del 31 maggio 2020.
  •   19/2020 Rev.
    Raccomandazioni ad interim sui disinfettanti nell’attuale emergenza COVID-19: presidi medico chirurgici e biocidi
  •   12/2020
    Indicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina durante l’emergenza sanitaria COVID- 19

    Infine l’ISS ha pubblicato una serie di rapporti tecnici e di poster infografici quali:
     https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/ISS-ANIPIO-CODICE.pdf
     https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/Poster-Strutture-RSA-ANIPIO.pdf
     https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-ipc-strutture-socio-assistenziali-sanitarie  https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-ipc-documenti-italiano

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  •   https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-ipc-documentazione-internazionale
  •   https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-gestione-stress-operatori
  •   https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-ipc-video-vestizione-svestizione
  •   https://www.iss.it/documents/20126/0/Badanti_Decalogo_ITA+%281%29.pdf/0962bfe6-27d0-d87c- 9cf9-b76e5e8bab69?t=1591169435436

    5.3. Formazione per gli assistenti sociali

    Il corso FAD “Prevenzione e controllo delle infezioni nel contesto dell’emergenza COVID-19” è destinato anche agli assistenti sociali e viene pubblicizzato anche sul sito dell’Ordine degli Assistenti Sociali – Consiglio Nazionale (https://cnoas.org/).

    5.4. Formazione per i caregiver Sono disponibili:

  •   Guida pratica per chi si prende cura degli anziani a cura dell’ISS, INAIL e Università Cattolica L’opuscolo è stato tradotto in 8 lingue, inglese, francese, spagnolo, rumeno, polacco, russo portoghese e tamil ed è disponibile anche in forma di decalogo per essere lanciato sui social e diffuso in versione stampabile, come poster, in farmacie, studi medici, ospedali.
  •   COVID-19: Guidance and advice for carers of older people at home una guida a cura dell’Help Age International dal titolo

    Inoltre nei tre siti dell’Associazione di familiari dei pazienti (AIMA, Alzheimer Uniti Italia, Federazione Alzheimer Italia) sono presenti servizi di assistenza telefonica nonché materiali utili per la formazione e informazione dei caregiver. Ecco i link:

     AIMA
    http://www.alzheimer-aima.it/ www.aimacomunica.it
    Linea verde Alzheimer: 800 679 679

     Alzheimer Uniti Italia
    http://www.alzheimerunitiitalia.it/
    Canale YouTube video di sostegno alla vita quotidiana delle famiglie: #restateacasa (https://www.youtube.com/channel/UCE4nrYh_g7m7UYeAreAhyag/videos)
    Alzheimer Uniti Italia: +39 3779841431
    Alzheimer Uniti Roma: +39 3662598370

     Federazione Alzheimer Italia http://www.alzheimer.it/; http://www.alzheimer.it/to_attivita_covid_19.html “Pronto Alzheimer” 02/809767 https://www.facebook.com/alzheimer.it https://www.youtube.com/user/AlzheimerItalia http://www.alzheimer.it/webinarcovid.html

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Al fine di favorire la corretta divulgazione delle informazioni scientifiche si segnalano i siti del Ministero della Salute e dell’ISS per il contrasto alle fake news:

 COVID-19 e fake news: le nuove bufale smentite dal ministero  ISSalute su COVID-19

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