Riapertura delle scuole in Europa: puntare sull’infermiere scolastico
ECDC (il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) e Istituto superiore di Sanità parlano chiaro per la riapertura delle scuole.
Il primo ponendo tra gli organici degli istituti per il controllo sanitario l’infermiere scolastico, figura già istituita per legge in Spagna, diffusa regolarmente negli Stati Uniti e comune a molti altri paesi europei.
Il secondo prevedendo che, ferme restando le competenze di diagnosi e cura dei medici, sia identificato un referente scolastico per il Covid-19 adeguatamente formato, che tenga un registro degli eventuali contatti tra alunni e/o personale di classi diverse, richieda la collaborazione dei genitori per misurare ogni giorno la temperatura del bambino e segnali eventuali assenze per motivi di salute riconducibili al Covid-19.
E lo identifica dal punto di vista della salute anche tra assistenti sanitari, infermieri, medici presenti nei dipartimenti di prevenzione con il compito, in collegamento funzionale con i medici curanti degli alunni, di supportare la scuola e i medici curanti per le attività del protocollo per l’assistenza a scuola. Il referente farà da riferimento per un contatto diretto con il dirigente scolastico o un suo incaricato (referente scolastico per COVID19) e con il medico che ha in carico il paziente.
Ciò che in Europa fanno, appunto gli infermieri.
La proposta della FNOPI è dotare ogni istituzione scolastica (la sede principale della scuola: in Italia sono poco meno di 9mila e raccolgono i circa 57mila istituti di istruzione statali e parificati del Paese) di un infermiere scolastico con un ruolo proattivo rispetto alla salute degli alunni. Un infermiere che di fatto c’è già: è l’infermiere di famiglia e comunità.
In sostanza l’infermiere scolastico, in questa veste, sarà presente nei plessi e potrà agire proattivamente e non solo su chiamata per verificare la corretta applicazione delle misure anti-COVID, ma anche la salute e i bisogni assistenziali degli alunni (e del personale docente) non-COVID (in Italia ci sono circa 246mila alunni con disabilità che necessitano di assistenza), allertando e attivando in caso di necessità il medico del dipartimento di prevenzione a cui il plesso scolastico fa riferimento.
La funzione dell’infermiere scolastico così organizzato non è un nuovo ruolo da inserire, ma una componente di quello dell’infermiere di famiglia e comunità introdotto dal Patto per la Salute e dal decreto Rilancio, proprio per la caratteristica di “comunità” delle scuole. Oltre all’assistenza, coordina e supervisiona le persone che fanno parte della rete assistenziale della comunità, opera in sinergia con le organizzazioni, i Mmg e gli altri professionisti, collabora con il medico di medicina generale, con i professionisti di servizi socioassistenziali e il volontariato, progetta e attiva iniziative di promozione della salute, applica strategie e metodi educativi a gruppi di persone, per il miglioramento di abitudini e stili di vita e per il self-management.
“L’infermiere scolastico – aggiunge Mangiacavalli – promuove la salute: aiuta gli individui ad avere i mezzi e le conoscenze per un maggior controllo sul loro livello di salute. Avere un professionista infermiere a scuola garantisce il rispetto dei diritti di tutela alla salute e diritto allo studio; trasmette una maggiore sicurezza ai genitori che vedono preso in carico globalmente il proprio figlio e si riduce l’assenteismo dovuto alla somministrazione delle terapie”
“Secondo l’ American Academy of Pediatrics – aggiunge – gli infermieri scolastici moderni, valutano i problemi di salute, assistono gli studenti con speciali esigenze di assistenza sanitaria, partecipano alla gestione delle emergenze e delle situazioni urgenti, gestiscono lo screening sanitario, l’immunizzazione e la segnalazione di malattie infettive, identificano e gestiscono i bisogni di assistenza sanitaria cronica”.
“Inoltre, gli infermieri scolastici – conclude Mangiacavalli – sono i principali operatori sanitari per gli studenti che vivono in aree rurali e disagiate a cui manca l’accesso all’assistenza sanitaria e svolgono un ruolo fondamentale nella comunità per identificare bisogni sanitari insoddisfatti e favorire la relazione tra salute e istruzione”.
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