Siamo soli.. o unici? Le sfumature emotive della solitudine

Dott.ssa Sara Gariazzo ~ Psicologa
Pubblicazione – ANNO 3 N.29 NOVEMBRE 2020 – ISSN: 2612/4947

Che cos’è la solitudine?

È pretenzioso pensare di poter esprimere un’idea così complessa attraverso una definizione semplicistica, forse il modo meno avventato per avvicinarsi a catturare l’essenza di un concetto di questa portata è partire con lo scoprire le sue origini. Il termine solo deriva dal latino solus e per molti esperti è etimologicamente legato all’aggettivo più arcaico sollus, ossia intero, cioè ‘che di per sé forma un tutto’. In questa accezione, l’esser solo non è necessariamente associato ad un senso di assenza o privazione, o alla mancanza di qualcosa o di qualcuno, ma diventa una condizione di pienezza del sè, come se ogni singolo individuo fosse un pezzo unico ed irripetibile, intero e compiuto per il solo fatto di essere uno. Il concetto di solitudine non si può descrivere e percepire allo stesso modo in maniera universale, ma prima di sviscerarne tutte le più profonde e complesse sfumature, è importante innanzitutto distinguere quali siano i due modi basilari di esperirla: essere soli e sentirsi soli. Per quanto riguarda la percezione soggettiva del sentirsi soli, le emozioni ad essa associate sono spesso negative, spiacevoli; ad esempio, si può avvertire un senso di abbandono, oppure sentirsi troppo esposti per affrontare un evento, o ancora può capitare di confrontare la propria socialità con quella altrui sentendosi in difetto. A tal proposito, la prima emozione negativa frequentemente associata alla solitudine è la tristezza. Quando si è tristi nel percepirsi soli, spesso si sta anche sperimentando un senso di perdita, di mancanza, di separazione o di abbandono. Questo vissuto può essere circoscritto ad alcune situazioni specifiche, oppure può essere pervasivo fino a portare anche all’appiattimento emotivo e al ritiro sociale. Quando si sperimenta in prima persona questo spiacevole stato emotivo, è importante riconoscerne l’impatto nella vita di tutti i giorni e qualora esso dovesse risultare invalidante o alterare l’equilibrio della quotidianità è opportuno che ci si rivolga ad un esperto. Il senso di solitudine può essere associato anche ad un’altra emozione primaria, la paura. Ci si può sentire come scoperti, o troppo esposti, senza protezione e supporto di fronte ad un evento o una situazione che ci si trova a dover affrontare. Questo senso di sovraesposizione può tormentare e spaventare chi lo sperimenta al punto di scatenare reazioni di allarme sotto forma di ansia, acuta o cronica, accompagnata anche da sgradevoli e rilevanti sintomatologie fisiche, fino in alcuni casi a sfociare nell’attacco di panico. Spesso non è immediato rendersi conto di quale sia la vera causa scatenante di questi spiacevoli eventi, perciò analizzare in modo un po’ più approfondito i propri stati emotivi, anche con l’aiuto di un professionista, potrebbe essere fondamentale per intervenire efficacemente sul disagio. Il confronto sociale è un altro fenomeno purtroppo molto diffuso che genera un senso di solitudine in chi lo mette in atto. Nell’odierna società occidentale, si è portati ad attivare un perenne atteggiamento competitivo e di confronto verso l’altro; spesso fin da bambini si viene spronati ad essere ‘il più bravo della classe’, ‘il più performante del gruppo sportivo’, ‘il più brillante dei cugini in famiglia’, e così via. Proprio questa costante spinta al confronto sociale, soprattutto quando viene inculcata fin dalla fanciullezza, porta l’individuo a non essere mai orientato al raggiungimento di una felicità e una realizzazione proprie, ma costantemente pronto a confrontare i propri traguardi raggiunti con quelli degli altri, la propria felicità con quella apparente altrui, il proprio senso di inclusione sociale con quello dei propri conoscenti. Ecco da dove può avere origine il senso di solitudine, da quel continuo guardare con minuzia il mondo esterno, altro da sè, piuttosto che osservare il proprio mondo, i propri affetti, quello che veramente si desidera e si vuole essere, ciò a cui davvero si darebbe importanza, se non si orientasse la propria attenzione verso gli altri prima ancora di chiedersi a che punto ci si trovi rispetto ai propri obiettivi. Solo imparando a rivolgere uno sguardo attento prima di tutto verso se stessi è possibile conferire davvero valore alla propria felicità, alla soddisfazione per i propri traguardi, alla gratitudine per i propri affetti significativi, all’amore per il proprio benessere. Forse in questo modo non ci si sentirebbe soli, ma si sarebbe intimamente sorridenti nella consapevolezza di esserlo, coscienti della propria esistenza come persone uniche, interamente indipendenti da qualsiasi altra entità e altrettantoresponsabili della propria vita e del proprio futuro. La solitudine può davvero essere fonte di gioia, di un sorprendente senso di serenità consapevole. In questi giorni di distanziamento interpersonale, di isolamento, di solitudine più o meno forzata, impariamo ad ascoltare il silenzio e guardiamo dentro di noi, facciamo pace col nostro modo di essere, innamoriamocene, ascoltiamoci ed impariamo a rispondere alle esigenze del nostro corpo e della nostra mente. Siamo il luogo dove dovremo abitare per tutta la vita, perché non fare in modo che sia anche il più accogliente in assoluto? Spetta solo a noi e a nessun altro il sorprendente ed incredibile compito di prenderci cura del nostro uno, per renderlo davvero unico.

Per noi stessi. Per la nostra felicità. Teniamoci stretta la nostra unicità.

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