Il ritiro sociale in adolescenza. Esperienza di un’Educatrice Professionale
Dott.ssa Chiara Bernardinello ~ Educatrice Professionale
Pubblicazione – ANNO 4 N. 32 FEBBRAIO 2021 – ISSN: 2612/4947
Parlare di ritiro sociale significa porre l’attenzione su un’emergenza educativa seria che, per essere compresa, necessita una conoscenza ed una comprensione di alcuni meccanismi e processi. Come tutti ormai sappiamo il periodo dell’adolescenza rappresenta una fase delicatissima nella vita di ognuno di noi. Il passaggio dall’età infantile al mondo degli adulti comporta grandi sofferenze, paure e fragilità. Ad essere coinvolto è in primis il cervello, che in questa fase di vita affronta una vera e propria rivoluzione: inizia un processo chiamato “Pruning” che porta alla potatura di un gran numero di sinapsi. Eliminare le sinapsi inutilizzate migliora l’efficienza cognitiva, esattamente come quando – per rendere più performante il nostro pc – decidiamo di liberare il desktop, eliminando quei file che non utilizziamo da diverso tempo e che ormai non ci servono più. Contemporaneamente a questo processo avviene anche l’aumento della mielinizzazione, che consente una trasmissione più rapida ed efficace dei messaggi: l’integrazione di questi due importanti cambiamenti fa sì che avvengano meno connessioni,ma in modo più veloce.
Nello stesso tempo però altre aree del cervello stanno ancora evolvendo verso la completa maturazione, come ad esempio la corteccia prefrontale, la quale svolge un ruolo di primo piano nella regolazione del comportamento. Questa zona del cervello è, infatti, sede delle funzioni esecutive: definire priorità, controllare gli impulsi e valutare le conseguenze delle nostre azioni.
Afronte di questo, si può quindi sostenere che l’ultima parte a maturare nel cervello umano è proprio quella deputata alle competenze più razionali. Le aree limbiche, dedicate alle emozioni, invece sono in piena attività: ecco il motivo per cui in adolescenzasi vivono spessoforti emozioni, senza che le funzioni esecutive riescano a fungere da regolatori.
Questi sono solo alcuni cambiamenti che avvengono nel cervello durante l’adolescenza, ma a mio avviso sono quelli che meglio ci aiutano a comprendere le motivazioni che possono portare ragazze e ragazzi ad alcuni comportamenti come l’isolamento sociale.
Oltre all’inevitabilità deicambiamenti fisiologici, bisogna tenere presente che nella fase adolescenziale si è esposti a nuove richieste da parte della società, per quanto concerne abitudini, stile di vita e aspettative. In questo periodo della vita si è portati a dover scegliere “che strada prendere” in termini scolastici, iniziano i primi confronti con l’identità sessuale e il primo vero distacco dai genitori, i quali spesso incrementano in questa fase la richiesta di determinati risultati.
Come possiamo facilmente intuire questo quadro sociale, unito ai cambiamenti fisiologici sopra descritti, crea una bella confusione nella vita della giovane o del giovane adolescente.
La maggior parte di loro affronta questa fase di vita fra alti e bassi, gioie e dolori, successi e fallimenti, amori e periodi di solitudine, ma alla fine raggiunge l’età adulta senza bisogno di un sostegno educativo, psicologico, neuropsichiatrico da parte di professionisti.
Altri però vivono le richieste da parte della società come troppo alte per loro: le pretese dei genitori sono percepite come troppo pressanti; il confronto con i coetanei fa troppa paura e le aspettative per il futuro sono impossibili da identificare.
Una delle risposte disfunzionali che, sempre di più, viene messa in atto dagli adolescenti (in prevalenza maschi) per far fronte a queste difficoltà è proprio il ritiro sociale. Questo fenomeno è accompagnato da vissuti di vergogna, impotenza e confusione e porta ad un forte disinvestimento nelle proprie risorse e nelle relazioni interpersonali, fino ad un graduale abbandono di tutte le situazioni sociali e all’isolamento nella propria stanza. I rapporti con le persone vengono sostituiti da un frenetico utilizzo di internet, che include videogiochi, visione di film o serie TV e contatti virtuali. La stanza diventa una sorta di tana, che funge da rifugio e protezione dal resto del mondo. Questi giovani si sentono inadeguati e soli e la paura del confronto diventa qualcosa di insormontabile.
Soprattutto in questo periodo in cui l’isolamento sociale ci viene imposto per far fronte all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo è quanto mai importante prestare attenzione ad eventuali segnali di fragilità che i ragazzi mostrano in questo senso.
Come Educatrice Professionale ho seguito svariati casi di ritiro sociale tramite interventi domiciliari ed interventi nei reparti di Pediatria di alcuni ospedali lombardi. L’intervento dell’educatore professionale è fondamentale nei casi di ritiro sociale acuto in cui l’adolescente non riesce più a relazionarsi con gli altri, se non attraverso il computer o il cellulare. In questi casi la figura educativa a piccoli passi prova ad entrare nel mondo dell’adolescente, concordando con lui degli appuntamenti, che si svolgono proprio lì dove il ragazzo o la ragazza sono ritirati. Attraverso la relazione e la condivisione di quello spazio e quel tempo, l’educatore prova a comprendere quali sono i suoi timori e le sue difficoltà. Una volta instaurata la fiducia si passa alla seconda fase dell’intervento educativo che prevede delle attività riabilitative da svolgere insieme, quali brevi passeggiate, frequentazioni di luoghi pubblici, coltivazione di interessi diversi dai dispositivi elettronici, fino alla graduale ripresa della frequentazione scolastica. L’obiettivo ultimo di queste attività è quello di sostenere e facilitare la ripresa di una quotidianità adatta all’età del soggetto, restituendo nello stesso tempo fiducia in sé stessi e nel mondo. Questo processo, che ho descritto in poche righe, in realtà richiede un tempo molto variabile, che a volte può durare anni:questo dipende dalla gravità del ritiro e dalle caratteristiche personologiche dell’adolescente.
In base alle mie esperienze professionali mi sento di trasmettere alcune indicazioni che potrebbero essere utili alle figure genitoriali. Queste indicazioni derivano da ciò che ho potuto osservare nei vari incontri avuti in questi anni di lavoro con diverse famiglie che si sono trovate a combattere contro l’estrema reclusione di un familiare. Reputo utile mettere in evidenza alcuni atteggiamenti che i genitori o le figure di riferimento possono mettere in atto per prevenire l’insorgere di questo disturbo:
- Assumete sempre il ruolo genitoriale: è importante che entrambi i genitori svolgano la funzione educativa, non deve essere solo uno dei due a far rispettare le regole. Continuate a confrontarvi apertamente su quello che ritenete sia da correggere o modificare nelle modalità educative del vostro coniuge, questo vi aiuterà a trovare il giusto equilibrio.
- Trasmettete il valore positivo della vita: coltivate interessi e passioni. Potrebbe sembrare che ai vostri figli non interessino le stesse cose, ma in questo modo avranno l’esempio di adulti per cui la vita è un piacere e non solo sacrifici.
- Fate in modo che gradiscano stare fuori casa: spesso i genitori sono terrorizzati dalle notizie di cronaca e per questo sono contenti quado i figli scelgono di rimanere in casa a giocare con cellulare o computer. L’unico modo per far sì che i figli siano persone felici è che si confrontino con i loro coetanei e con il mondo esterno.
- Favorite l’utilizzo di Internet in un modo sano: è importante che i giovani sappiano utilizzare il computer e i social media. Il contrario li porterebbe ad un isolamento sociale e professionale. Quello che si può fare è accompagnarli ad un utilizzo sano ed efficace di questi mezzi comunicativi, ad esempio affiancandoli quando li utilizzano o spiegando loro come possono trovare informazioni utili.
- Siate consapevoli che oltre alla scuola c’è tanto altro: gli insuccessi scolastici non fanno piacere, ma essere un bravo studente non è garanzia di successo e felicità. Il sapere non si acquisisce unicamente tra i banchi di scuola!
- Mostratevi nelle vostre fragilità: non siete perfetti ed è giusto che i vostri figli lo sappiano! Mostrare le vostre debolezze insegnerà ai vostri figli che si può condurre una vita soddisfacente nonostante i propri difetti.
- Se vi sentite in forte difficoltà chiedete aiuto!
Quando si ha a che fare con un caso di ritiro sociale acuto (sospensione dell’attività scolastica, riduzione drastica delle relazioni interpersonali, isolamento volontario nella propria stanza, eccessivo utilizzo di internet o di mezzi elettronici) è importante rivolgersi ai professionisti: Psicologo Clinico o Medico di Medicina Generale sapranno dare le giuste indicazioni per il trattamento necessario.
Sitografia: www.stateofmind.it; www.agi.it; www.minotauro.it
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