I primi batteri sintetici inattaccabili dai virus

E’ inattaccabile dai virus perché non capisce il loro linguaggio e non può aiutarli a replicarsi, costringendoli a soccombere: il batterio sintetico inattaccabile dalle infezioni ottenuto nei laboratori britannici del Medical Research Council e descritto sulla rivista Science apre la strada alla possibilità di ottenere microrganismi dal patrimonio genetico modificato da trasformare in fabbriche di farmaci come antivirali, antibiotici o antitumorali, oppure di nuove plastiche biodegradabili.

E’ la prima realizzazione del sogno della biologia sintetica inaugurata quasi 20 anni fa da uno dei pionieri del sequenziamento del genoma umano, Craig Venter, con il primo cromosoma artificiale e poi, nel 2010, con la prima cellula assemblata in laboratorio. Se quei risultati sapevano di fantascienza, il batterio resistente ai virus è qualcosa di tangibile, ottenuto spingendo al massimo la tecnologia alla base della vita sintetica. 

Ad essere stato modificato è uno dei batteri più comuni, l’Escherichia coli: oltre agli amminoacidi che esistono in natura, i cosiddetti amminoacidi ‘canonici’, il suo codice genetico è stato arricchito utilizzando per la prima volta più amminoacidi che in natura non esistono (‘non canonici). Finora era stata fatta solo una sostituzione alla volta. 

Coordinati da Wesley E. Robertson e da Jason W. Chin, i ricercatori hanno modificato i pacchetti nei quali è organizzata l’informazione genetica. In condizioni naturali questa è contenuta nelle quattro lettere in cui è scritto il Dna: è organizzata in 20 amminoacidi, a loro volta confezionati in 64 pacchetti chiamati codoni: sono questi ultimi a contenere tutte le istruzioni necessarie per fabbricare le proteine. A leggerli e a permettere di assemblarli è la molecola chiamata Rna di trasferimento (tRna). 

Partendo da questo corredo naturale del batterio i ricercatori hanno rimosso alcuni codoni e alcune sequenze di tRna, sostituendole con sequenze artificiali. E’ così che il batterio ottenuto non sa leggere il codice genetico dei virus. Questi ultimi, infatti, si riproducono sfruttando la capacità delle cellule di leggere tutti i pacchetti di informazione del loro genoma, ma il nuovo batterio è completamente ‘analfabeta’ da questo punto di vista. Di conseguenza quando il virus entra nella cellula non trova nessun aiuto per replicarsi e l’infezione non avviene. 

Per il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata, il risultato “è una conquista della biologia sintetica” ed “è “la nuova tecnologia che ci consente non solo di leggere il DNA o di modificarlo per la terapia genica, ma anche di riscrivere il codice, modificandolo per ottenere proteine non esistenti in natura sulla base dei 20 aminoacidi conosciuti, ma proteine contenenti come in questo caso, tre distinti amminoacidi non canonici e riprogrammare le nostre cellule a tradurre diversi eteropolimeri nuovi con diverse e sconosciute funzioni”. 

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