I senza fissa dimora e il loro diritto alla residenza

Dott. Daniele Palermo ~ Assistente Sociale
Pubblicazione – ANNO 4 N.37 LUGLIO 2021 – ISSN: 2612/4947

La condizione di chi vive non avendo una dimora stabile è da considerarsi come una delle forme più gravi di povertà estrema e di esclusione sociale. Quello delle persone senza fissa dimora è un fenomeno incalzante, in costante aumento. 

Spesso, questa situazione estrema è la conseguenza di vissuti non risolti, di problemi non superati.

Oggi a determinare questa condizione è soprattutto la perdita del lavoro. Perso il lavoro si perde la casa, si entra nel meccanismo delle sistemazioni inadeguate, insicure. Da questa condizione, senza un tempestivo aiuto, il passo per arrivare a “senza dimora” è breve ed avviene rapidamente. Il dramma dei senza fissa dimora sembra crescere a dismisura e la superficialità con cui ci approcciamo a loro, a volte, semplicemente per sentirci a posto con la nostra coscienza aumenta a dismisura. Purtroppo, viviamo in una società troppo frettolosa, non abbiamo mai il giusto sguardo verso l’altro, troppo occupati a pensare agli impegni, ai propri problemi, alle proprie frustrazioni. Per le persone senza fissa dimora, la residenza anagrafica rappresenta un passo molto importante, perché ad essa si collega la possibilità di usufruire dei servizi sanitari, socio-assistenziali e abitativi, erogati dagli enti locali. Trovarsi senza residenza è un grave problema: come anticipato, il rischio è quello di vedersi privati di importantissimi diritti. Per ovviare a questa grave situazione, la legge dice che le persone senza fissa dimora possono ottenere una residenza anagrafica vincolata al possesso di un domicilio, cioè di un posto dove si vive in maniera stabile ma che non deve per forza essere un’abitazione: può trattarsi, infatti, di una stazione ferroviaria, di una panchina in un parco, di una via, di uno scantinato. 

L’iscrizione alla anagrafe comunale è un diritto soggettivo (e non concessorio) riconosciuto dal nostro ordinamento (Legge anagrafica, Legge n. 1228 del 24.12.1954) a tutti i cittadini che ne hanno facoltà. 

Il nostro ordinamento prevede infatti la possibilità per la persona senza dimora di stabilire la residenza nel luogo del proprio domicilio ovvero nel Comune in cui la persona vive di fatto e, in mancanza di questo, nel Comune di nascita (DPR. 223 del 30.05.1989) fissare la residenza in una via fittizia territorialmente non esistente ma equivalente in valore giuridico (Circolare Istat n. 29/1992). Per l’attribuzione della residenza per le persone senza dimora viene utilizzato il criterio del domicilio, ovvero il luogo ove la persona stabilisce la sede principale dei suoi affari ed interessi (art. 43 C.C.).

L’articolo 2 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, così come modificato dall’art. 3 della L. 15 luglio 2009, n. 94, stabilisce infatti che la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel Comune dove ha stabilito il proprio domicilio. La persona stessa, al momento della richiesta di iscrizione, è tenuta a fornire all’ufficio anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l’effettiva sussistenza del domicilio. In mancanza del domicilio, si considera residente nel Comune di nascita.

Deliberare una via fittizia è importante perché consente alla persona senza dimora di fare richiesta dei seguenti documenti:

  • Carta di identità
  • Tessera sanitaria
  • Permesso di soggiorno
  • Fine pena
  • Rinnovo permesso di soggiorno 

Dunque, ogni prassi discrezionale, quale la titolarità di un rapporto di lavoro, la disponibilità di una abitazione, i legami familiari, imposte da alcune amministrazioni per ottenere la residenza, è di fatto arbitraria e viola la legislazione nazionale

Non riconoscere la residenza alle persone senza dimora vuol dire:
– violare il dovere di solidarietà politica, economica e sociale
– violare il diritto al lavoro (no residenza, no iscrizione Cpi, no p.Iva)
– violare la libertà personale e dell’inviolabilità del domicilio
– violare il diritto alla difesa (no residenza, no accesso al gratuito patrocinio)
– violare il diritto alla salute
– violare il diritto all’assistenza e alla previdenza sociale 


Quindi, l’iscrizione anagrafica è un diritto soggettivo che deve essere riconosciuto e garantito dal Sindaco, o suo delegato, in qualità di ufficiale di Governo. Pertanto, la via fittizia deve essere istituita con atto della Giunta comunale, che ne stabilirà anche la denominazione. Qualora invece la denominazione fosse di pura fantasia, senza riferimento a eventi realmente accaduti o persone decedute, può essere stabilita anche dall’ufficiale dell’anagrafe.

Normative

artt. 1 e 2, comma 3, Legge 24 Dicembre 1954, n. 1228;
artt. 1 e 7 D.P.R. 30 Maggio 1989, n. 223
L. 94 del 15 luglio 2009.


Per i Cittadini Comunitari: D.lgs. 6 Febbraio 2007, n. 30
Legge 15 luglio 2009, n. 94 (facente parte del c.d. pacchetto sicurezza)

1 commento

Dott. Enrico Savona

Articolo molto interessante e attuale

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