Rischi da assunzione prolungata dei farmaci Inibitori di Pompa: ecco i risultati della ricerca condotta dal portale Eccellenza Medica
Cosa sono i farmaci inibitori di pompa o anche detti antiacido?
Sono noti con la sigla IPP, ma il loro nome esteso è inibitori di pompa protonica e sono dei principi attivi appartenenti al cosiddetto gruppo dei farmaci gastroprotettori.
Il loro nome è dovuto al meccanismo d’azione con il quale agiscono e grazie al quale sono in grado di inibire la produzione di acido cloridrico a livello gastrico, infatti risultano indicati in tutti quei casi in cui è necessario ridurre la secrezione acida dello stomaco con conseguente effetto “protettivo” sulla mucosa gastrica.
È uno strumento molto utile per la medicina moderna, perché permette di controllare in modo efficace i problemi derivanti da una produzione eccessiva di acido dello stomaco.
Purtroppo però, anche a causa di stili di vita sempre meno corretti (stress, pasti veloci, cibo ricchi di grassi, fumo, alcool etc), il consumo degli IPP negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale ed esistono casi di assunzione molto prolungata di questi farmaci.
In aumentano i pazienti che assumono in maniera continua gli IPP: eccolo lo studio condotto da EccellenzaMedica.it
Da una recente ricerca svolta dal portale per le prenotazioni online www.eccellenzamedica.it è emerso in modo chiaro che sempre più pazienti assumono IPP in modo continuativo. La ricerca infatti, condotta su pazienti che hanno richiesto prenotazioni di prestazioni mediche tramite il sito specializzato per la gastroenterologia www.gastroenterologo.eu (appartenente al portale Eccellenza Medica), ha evidenziato che nel periodo da Gennaio 2020 ad Agosto 2021 si è avuto un aumento del 7% circa di pazienti che fanno uso di IPP in modo più o meno continuativo da oltre un anno.
La rilevazione è stata effettuata intervistando in forma anonima oltre 500 pazienti con problematiche gastroenterologiche, nel periodo da Gennaio 2020 ad Agosto 2020 e chiedendo ad essi se assumessero IPP, in che posologia e da quanto tempo. I dati raccolti nel 2020 sono stati successivamente confrontati con altri dati raccolti nel medesimo periodo del 2021. Dal confronto delle due rilevazioni è emerso un aumento del 7% circa di pazienti che assumono più o meno assiduamente da oltre un anno gli IPP.
Quali sono i rischi di un’assunzione prolungata di questi farmaci?
Come noto gli IPP modificano il pH dello stomaco. Queste condizione potrebbe favorire in alcuni casi lo sviluppo di infezioni intestinali, come quelle causate ad esempio dall’Helicobacter Pylori o dal Clostridium Difficile. Queste infezioni sono piuttosto pericolose perché possono favorire in alcuni casi anche la comparsa di tumori allo stomaco o all’intestino.
Riportiamo di seguito un tratto di una recente ricerca condotta dalla University Of Chicago:
…è da evidenziare, purtroppo, anche un aumento del 25% della mortalità in chi assume inibitori di pompa protonica. Uno studio di coorte che ha coinvolto 350.000 persone seguite per più di 5 anni negli USA ha fatto emergere che il rischio aumenta con l’aumentare dell’esposizione, tanto che chi li assume per 3-6 mesi si espone ad un’aumento della mortalità pari al 17% rispetto a chi li prende da meno di un mese , e chi li assume per 1-2 anni si espone ad un aumento del rischio del 51% in più rispetto a chi li assume per minor tempo. Tenendo presente che uno studio di coorte non può stabilire con certezza un rapporto di causa-effetto, i dati prodotti sembrano essere coerenti con quelli riportati da una revisione sistematica di 6 precedenti studi retrospettivi: questa revisione documentava un aumento della mortalità generale e cardiovascolare in tutti quei pazienti che assumevano IPP.
Riportiamo inoltre altre fonti di ricerca riguardanti i rischi legati all’assunzione continuativa degli IPP:
- L’articolo Increaed incidence of small intestinal bacterial overgrowthduring proton pump inibitor therapy di Lombardo et.al del 2010, afferma che l’impiego prolungato di IPP potrebbe essere un fattore di rischio per eventi cardiovascolari in pazienti sopravvissuti ad infarto miocardico.
- L’associazione tra IPP e un aumentato rischio di frattura è suggerita da studi osservazionali che ne evidenziano in generale un lieve aumento nei pazienti trattati con IPP rispetto ai non trattati. I risultati dei vari studi non sono univoci a causa di verosimili diversità tra le popolazioni studiate, ma l’aumento di rischio – ove riscontrato – risulta essere in genere dose e durata dipendente: nei soggetti in cura con IPP un lieve aumento del rischio complessivo di fratture da fragilità (+29%-38%), di femore (+40%-50%) e vertebrali (+30%-70%) rispetto ai pazienti non trattati. Due ampi studi osservazionali di coorte, pubblicati nel 2012 hanno confermato l’incremento del rischio di fratture da fragilità, in particolare di femore in donne fumatrici (+50%).
- Infezioni delle vie respiratorie. Nei soggetti trattati con IPP, studi osservazionali caso-controllo hanno evidenziato un rischio superiore di polmonite di origine sia ospedaliera che extra-ospedaliera. La perdita dello “scudo acido” contro i batteri a livello gastrico è stata indicata come possibile legame patogenetico. Inoltre gli IPP sarebbero in grado di aumentare il pH anche a livello laringeo facilitando anche la colonizzazione batterica delle vie respiratorie.
- Lo stesso articolo Increaed incidence of small intestinal bacterial overgrowthduring proton pump inibitor therapy di Lombardo et.al del 2010 parla di Squilibri nella popolazione batterica intestinale: il blocco protratto della secrezione acida mediante IPP può alterare gli equilibri quali-quantitativi della popolazione batterica intestinale.
Alla luce di queste ricerche, analisi e considerazioni, è bene ricordare dunque l’importanza di seguire sempre e con attenzione le indicazioni e le prescrizioni del proprio medico ed evitare terapie farmacologiche fai da te.
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